37) Lc 8, 19-25 –  02/12/2020

1. Il testo

Andarono presso di lui la madre e i suoi fratelli e non potevano raggiungerlo a causa della folla. 20Fu annunziato a lui: «La tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori, desiderando [di] vederti». 21Ma egli rispondendo disse verso di loro: «Mia madre e i miei fratelli questi sono, coloro che ascoltano la parola di Dio e fanno». 22Avvenne in uno dei giorni [che] anche egli salì sulla barca e [c’erano] i suoi discepoli, e disse verso di loro: «Andiamo all’altra [riva] del lago», e presero il largo. 23Navigando essi, [egli] si addormentò. E scese una tempesta di vento sul lago e si riempivano [di acqua] ed erano in pericolo. 24Accostatisi lo svegliarono dicendo: «Capo, capo, periamo». Quegli, alzatosi, ammonì il vento e le onde di acqua. E cessarono e venne la bonaccia. 25Disse loro: «Dove [è] la vostra fede?». Impauriti si stupirono dicendosi l’un l’altro: «Chi dunque è costui che anche ai venti comanda e all’acqua, e gli obbediscono?».

2. Il messaggio

Andarono presso di lui la madre e i suoi fratelli e non potevano raggiungerlo a causa della folla. 20Fu annunziato a lui: «La tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori, desiderando [di] vederti». La sequenza di questi brani non è casuale; notiamo una differenza con il vangelo di Marco, in cui viene fatto riferimento solo alla tempesta (Mc 5, 1 ssg.). Luca racconta anche della madre e dei fratelli: possiamo comprendere il significato più ampio di questo brano cercando di vederlo in un’ottica di continuità con i brani precedenti.

21Ma egli rispondendo disse verso di loro: «Mia madre e i miei fratelli questi sono, coloro che ascoltano la parola di Dio e fanno». Gesù sottolinea che la propria familiarità non si basa sulla carne o sul sangue ma fa riferimento ad un’altra prospettiva, ovvero all’ascoltare la parola e fare. Il verbo greco poiein e questa consequenzialità dei verbi «fare» e «ascoltare» esprimono la piena continuità di quello che abbiamo ascoltato nella parabola del seminatore. In questa parabola, infatti, il verbo dell’ascolto compare sempre, finanche nel caso della strada. La dimensione dell’ascolto è quindi onnipresente, ma non è sufficiente, perché a questo deve seguire la dimensione fattuale, l’agire. Questo fare si accompagna con altri due verbi che fanno sì che l’ascolto diventi fruttuoso: accogliere e trattenere la parola durante la tentazione e sottomettersi alla parola.Ascoltare la parola significa trattenerla per poi tradurla in atto.

È possibile già fare una prima attualizzazione della parola, pensando a tutte le volte che le nostre relazioni non sono state fraterne o materne; possiamo inoltre riscontrare questa carenza nella mancanza di ascolto e/o azione della Parola. Possiamo chiederci: quando un rapporto si degrada, da cosa dipende? Gesù ci dice che la motivazione è legata alla Parola. Riusciamo ad individuare quali sono le personali mancanze che abbiamo nei confronti della Parola e che hanno poi prodotto delle carenze in termini relazionali?Questo potrebbe essere un modo diverso di analizzare le situazioni. Il rischio, nelle relazioni, di basarsi sulla ragione e sul torto è vano.

22Avvenne in uno dei giorni [che] anche egli salì sulla barca e [c’erano] i suoi discepoli, e disse verso di loro: «Andiamo all’altra [riva] del lago», e presero il largo. La parola di Gesù viene consegnata ai discepoli e questi prendono il largo, ascoltano la parola, la mettono in pratica e Gesù si addormenta. Quando la presenza di Gesù non è cosciente, non parla, non agisce, si scatena (letteralmente «cade») una tempesta sul lago, la barca si riempie di acqua e i discepoli sono in pericolo. 

24Accostatisi lo svegliarono dicendo: «Capo, capo, periamo». Quegli, alzatosi, ammonì il vento e le onde di acqua. E cessarono e venne la bonaccia. 25Disse loro: «Dove [è] la vostra fede?». La situazione descritta corrisponde al secondo caso della parabola del seminatore, al seme che cade sulla pietra e che corrisponde a coloro che ascoltano con gioia la parola del Signore, credono per un tempo ma in tempo di tentazione si distaccano. Esattamente come i discepoli, che ascoltano e accolgono la parola di Gesù con gioia, ma quando arriva la tempesta, la tentazione fa perdere loro la fede.

La fede consiste nella certezza che, se Gesù è sulla barca, questa non affonda. Il vero problema di chi vive la vita nelle difficoltà è che nella barca deve essere presente il Signore. Se lui è nella barca, la tempesta si scatena, ma non dubitiamo, non manchiamo di fede, altrimenti periamo. Se Gesù è nella barca questa non affonda.

Gesù ammonisce il vento, in Marco gli dice chiaramente di tacere, l’atteggiamento ricorda un esorcismo, si evince un dominio sulle forze della natura. Tutto questo provoca paura perché è espressione di una dimensione divina. I discepoli dunque fanno l’esperienza della mancanza di fede, da cui viene un’autorità di Gesù che loro non si aspettano, per questo sono ancora più sorpresi.

Impauriti si stupirono dicendosi l’un l’altro: «Chi dunque è costui che anche ai venti comanda e all’acqua, e gli obbediscono?».La manifestazione della potenza di Gesù è in crescendo, Gesù compie delle azioni che sono sempre più espressioni di un autorità. Gesù fa sempre qualcosa di nuovo che crea stupore circa la sua autorità. Ciò vuol dire che la prova serve per farci vedere chi siamo. Noi, in teoria, possiamo pensare di credere, ma se non c’è la prova non sapremo mai quanto è salda la nostra fede. La prova, poi, serve anche a fare una nuova esperienza di Dio.

In conclusione, il brano è composto di due elementi, il primo si riferisce al credito che Gesù dà agli uomini nel dire «siete miei fratelli se ascoltate la parola»: si tratta di un’apertura di Gesù nei nostri riguardi. Il secondo elemento è la verifica: dobbiamo fare esperienza se siamo realmente fratelli e sorelle di Gesù nella prova. Dunque, il brano ha due anime: il credito e la prova.

Nei vangeli si incontra spesso la debolezza dei discepoli rispetto che alle altre persone incontrate da Gesù. Questo accade perché, attraverso i discepoli, Gesù vuole farci vedere il significato delle esperienze che viviamo.Chi vive nella fede non vacilla, non ha paura, di fronte alle difficoltà che possono far paura. Il discepolo capisce attraverso gli occhi di Gesù, la fede è certezza che quello che sta accadendo non toglie niente, può fare male, ma non fa cadere.

Nel vangelo di Luca, questa è la prima delle prove che i discepoli subiscono. Gesù dorme perché non ha timore della tempesta.

Possiamo continuare a interrogarci: ci sono delle volte in cui pensiamo che il Signore dorma? Che non si faccia sentire? Che ci abbia abbandonato? Questa affermazione non è espressione di una mancanza di fede?

Considerare la propria vita al di fuori dalla mano di Dio è mancanza di fede, vuol dire che non ci fidiamo abbastanza di Gesù, perché le cose stanno andando in maniera diversa rispetto a come ci aspettavamo. In tal senso, la domanda «Dov’è la vostra fede?», potrebbe essere anche tradotta come «dov’è la fede che pensate di avere?». Gesù fa questo perché lui conosce bene qual è il limite dei discepoli nella fede, ma essi non lo sanno. E’ come se chiedesse: «siete sicuri che aver compreso la parabola del seminatore vi fa avere fede? siete sicuri che aver colto intellettualmente la parabola significa anche averla accolta e averla messa in pratica?».

Le prove sono necessarie.La tradizione monastica sorge all’inizio del IV sec., in un periodo in cui terminano le persecuzioni e il martirio e ci si chiede come poter verificare la propria fede. Per questo nascono i deserti, in cui gli uomini chiedono la prova nella vita concreta. La prova è la condizione in cui facciamo esperienza di chi siamo davanti a Dio.

Esiste una relazione tra la fede che abbiamo verso Dio e la fiducia che abbiamo nei confronti del fratello? L’amore di Dio e del prossimo sono due cose diverse? Noi ci esprimiamo relazionalmente, sulla base di cose che diciamo o non che facciamo o non facciamo. La prova è la dimensione su cui noi ci conosciamo. Questo vangelo esprime l’apertura di Gesù e l’esperienza che fa fare, mostrando il livello di fede a cui si è arrivati.

Nella prova, la sola dimensione razionale a serve poco: emerge la nostra identità profonda. Il deserto è l’assenza di condizioni di normalità ed è qui che emerge il cuore chi siamo, come indicato nel Deuteronomio. Con la testa, tutti ci fidiamo, nella prova emerge il cuore fedele, che continua a fidarsi di lui nonostante le difficoltà. La difficoltà è nell’accettare la verità che ognuno ha di sé. E la prova è una cartina di tornasole su chi siamo e non accettiamo.

3. Alcune domande per riflettere

  • Quanto misuro la costruzione/distruzione delle mie relazioni dall’adesione alla Parola di Dio?
  • Quanto chiedo al Signore di salire/restare sulla barca della mia vita?
  • Quanto penso che valga la mia fede? Ho mai desiderato una verifica di essa mediante una prova?
  • Quanto nelle nostre tempeste siamo disposti a fidarci di Gesù? Vince la paura o la fede?
  • Cosa sono disposto a vivere per fare esperienza di Gesù?