8) Lc  2,1-7 – 20/11/2019

1. Il testo

1Avvenne in quei giorni che giunse un decreto di Cesare Augusto di censire tutta la terra. 2Questo primo censimento avvenne mentre era governatore della Siria Quirino. 3E andavano tutti per essere censiti, ciascuno verso la propria città. 4Salì anche Giuseppe dalla Galilea – dalla città di Nazaret – verso la Giudea, nella città di Davide chiamata Betlemme – per il fatto di essere dalla casa e famiglia di Davide – per farsi censire con Maria, diventata sua sposa, che era incinta. 6Avvenne, nell’essere loro lì, che furono compiuti i giorni del suo partorire, 7e partorì il suo figlio, il primogenito, e lo avvolsero in fasce e lo deposero in una mangiatoia, poiché non c’era per loro un luogo nell’alloggio.

2. Il messaggio

1Avvenne in quei giorni che giunse un decreto di Cesare Augusto di censire tutta la terra. 2Questo primo censimento avvenne mentre era governatore della Siria Quirino. 3E andavano tutti per essere censiti, ciascuno verso la propria città. Il brano è molto breve ma estremamente significativo, lo capiamo dalle scelte narrative dell’evangelista. La prima parte è caratterizzata dalla descrizione di un evento macroscopico che interessa tutta la terra, a sottolineare che questo è un censimento di portata mondiale indetto dall’Imperatore (che in quel momento è colui che comanda sul mondo conosciuto). Ciascuno quindi si muove nella direzione della propria origine (e bisogna farlo poiché non si hanno altre possibilità), per cui si tratta di un movimento che interessa non una singola persona ma tutti gli abitanti dell’impero, ognuno verso la propria città.

 4Salì anche Giuseppe dalla Galilea – dalla città di Nazaret – verso la Giudea, nella città di Davide chiamata Betlemme – per il fatto di essere dalla casa e famiglia di Davide – per farsi censire con Maria, diventata sua sposa, che era incinta. In questo grande movimento ci viene raccontato di Giuseppe, che nel frattempo si è sposato con Maria che è incinta. A differenza di Matteo, che parla dei dubbi di Giuseppe e dell’angelo, Luca omette alcuni aspetti non perché non siano importanti, ma perché potrebbero distrarre da ciò che realmente egli vuole raccontare. Bisogna fare molta attenzione al movimento: Giuseppe è colui che si deve muovere della famiglia, di conseguenza Maria si muove con lui nonostante la gravidanza. Qui la persona meno rilevante di tutte tra l’imperatore, Giuseppe e Maria è proprio Maria, perché il movimento richiama solo Giuseppe, è lui che appartiene alla casa di Davide. Maria deve adeguarsi. Dunque questo movimento ci parla di un coinvolgimento forzato passando da una dimensione macroscopica di portata mondiale ad una dimensione… di piccolezza.

6Avvenne, nell’essere loro lì, che furono compiuti i giorni del suo partorire, 7e partorì il suo figlio, il primogenito, e lo avvolsero in fasce e lo deposero in una mangiatoia, poiché non c’era per loro un luogo nell’alloggio. Questa dimensione invisibile arriva nel terzo momento del brano, quando si parla della nascita di Gesù, caratterizzata da un completo anonimato. Nella prima parte c’è dunque tutto il mondo che si muove mentre nell’ultima parte non c’è neanche una casa dove questo bambino può essere partorito, è totalmente anonima; il movimento quindi passa da ciò che è assolutamente importante, famoso, grandioso a ciò che diventa anonimo. Gesù nasce sì nella città di Davide (Betlemme), ma anonimamente, nessuno lo riconosce, tutti ignorano le esigenze di Maria, nasce giacente in una mangiatoia. Il termine “primogenito” è un titolo di Cristo.

Analizzando questi elementi si deduce che la scelta di Luca sia voluta. Dio decide, attraverso questo grandissimo meccanismo, di arrivare in quel punto, approdando a questa nascita anonima che costituisce il fine del racconto, il neonato è avvolto in fasce deposto in una mangiatoia. I tre elementi (bambino-fasce-mangiatoia) costituiscono il SEGNO, come si vedrà nel prossimo brano. Dovremmo riflettere sul fatto che ciò che è anonimo ed invisibile agli occhi del mondo diventa un segno di riconoscimento della presenza di Dio. Tutto il racconto è costruito quasi “ad imbuto” per arrivare al bambino fasciato nella mangiatoia. Molti elementi vengono grossolanamente ignorati o modificati (per esempio il censimento, le date), Luca sceglie di raccontare un evento che deve approdare ad un segno. Di che segno si tratta? In Matteo c’è la cometa che brilla nel cielo, vista dai Re Magi che provengono da Oriente. In Luca invece siamo agli antipodi di un segno visibile e luminoso (quindi straordinario, che attira l’attenzione di tutti). Potremmo dire che Dio si vuole nascondere, vuole nascere in un posto lontano dagli occhi di tutti, non riconosciuto da nessuno. Il motivo non lo sappiamo ma il significato è questo. Se quello che accade è espressione di una volontà di Dio, come possiamo riconoscere il segno? A meno che qualcuno non venga a dirlo esplicitamente, non si può conoscere. Tutto ciò accade misteriosamente attraverso degli eventi che esprimono delle incombenze che costituiscono un disagio per Giuseppe e Maria: viaggiare in quelle condizioni non è semplice, non trovare un alloggio non è una cosa comoda, il fatto che il bambino rischi la morte per il freddo, sono tutte condizioni non favorevoli all’accoglienza di una vita eppure sono quelle che il Signore, per mezzo di grandi condizioni generali, ha permesso.

                Ecco la prima riflessione: le situazioni a volte ci superano come importanza e magari ci conducono in una direzione che noi non avremmo mai preso se fossimo stati totalmente liberi (Maria e Giuseppe non avrebbero fatto nascere Gesù in una mangiatoia se fossero stati a casa loro). Ci si immagina che ad un annuncio così grande seguano eventi conseguenti come onori, comodità, riconoscimenti, invece non accade nulla di tutto ciò, perché Dio sceglie per quella persona una condizione scomodissima ed invisibile. Questo deve aiutarci a discernere riguardo alla volontà di Dio perché non è detto che ciò che per noi è il meglio sia la volontà di Dio. Alla luce di questo evento sembrerebbe addirittura il contrario! Ecco perché il discernimento della volontà di Dio non può risolversi  con una mera riflessione razionale. Alcune condizioni ci superano come forza però vanno accettate perché in quelle condizioni agisce misteriosamente la volontà di Dio e noi possiamo scegliere se crederci o scandalizzarci. Il discernimento si fa sulla base della fede, ma la fede passa per l’accettazione di qualcosa, non possiamo credere ciò che non accettiamo. Non è possibile credere alla grandezza di Dio se non accettiamo con docilità ed elasticità che Lui sceglie degli strumenti che noi non sceglieremmo mai.

                La seconda riflessione verte sul fatto che in questa scelta di Dio c’è un tratto molto singolare, l’invisibilità, la povertà, che sono simultaneamente costitutive di un segno. Il segno “bambino-fasce-mangiatoia” avviene perché il bambino si trova fuori casa, senza un lettino e senza un panno. Il segno, così come viene costituito, avviene per invisibilità e povertà, Dio sceglie di nascondersi, di nascere nascondendosi. In Matteo (che è il solo insieme a Luca a presentare i racconti dell’infanzia) questo viene raccontato diversamente, nessuno cerca il segno, in Luca la cosa è ancora più radicale, nessuno lo può cercare a meno che non si venga chiamati a raggiungerLo. Una volta riconosciuto il segno lo si può trovare in ciascuno.

                Immaginiamo oggi che chiunque abbia i segni di quel bambino diventa egli stesso un segno, una presenza. Gesù dice (Mt 25, 3-46): «In verità, in verità vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»; quando si parla di “opzione per i poveri della Chiesa” è perché i poveri sono segno, lo stesso segno che Dio ha scelto per farsi uomo. Questo è valido per noi che crediamo, e che magari facciamo la stessa fatica che si faceva ai tempi di Gesù.

                Il brano ci parla dunque di due elementi: accettare l’imprevedibilità dei modi di fare del Signore che si serve anche delle cose umane e della storia umana (ad esempio un censimento); accettare anche che Dio per il momento si fa invisibile ed introvabile nella povertà, perché la povertà è un’invisibilità, comporta appiattimento ed anonimato.

3. Le risonanze personali

                vv. 1-7 Il brano comincia con l’introduzione del tempo storico in cui si inserisce la nascita di Gesù. Mi colpisce che il movimento di Giuseppe e Maria sia dovuto ad un primo censimento della storia. Censire, ovvero registrare, indicare l’esatta composizione della famiglia di Gesù. In questa circostanza anche Giuseppe con Maria vanno a registrarsi. Il viaggio intrapreso mi fa riflettere su due aspetti: da un lato il seguire Cristo non ci pone in una situazione di vivere al di fuori delle leggi umane, ma è necessario nella realtà che viviamo testimoniare di essere cristiani. In secondo luogo mi sono chiesta quante volte per mia “comodità” non mi metto in cammino per incontrarlo per fargli posto nella mia vita e nel mio cuore. Altro aspetto che mi ha colpita è che Luca tralascia molti dettagli e sottolinea esclusivamente, in un unico versetto, che Maria partorisce e che con Giuseppe lo avvolgono e lo depongono in una mangiatoia perché per loro non c’è un luogo. In questo versetto si concentra così l’immagine simbolo del Natale.

                Il primo aspetto che mi colpisce del brano è la ripetizione per ben tre volte del verbo “avvenne”: mi rimanda alla volontà di Dio che, intrecciandosi con le vicende umane, continua a compiersi, c’è una fedeltà alle Sue promesse di fondo che non viene mai meno, allora come oggi. Dio sceglie di nascere in una mangiatoia nella semplicità e sobrietà più estrema, in uno scorcio di quotidianità alla portata di tutti, una scelta nettamente in controtendenza rispetto a ciò che oggi è diventato purtroppo per mano dell’uomo la Solennità del Santo Natale (occasione di business, scorpacciate di cibo, fastosità, etc…) , qualcosa che ci allontana pericolosamente dal vero significato di questo meraviglioso atto d’amore divino per i Suoi figli. Gesù nasce nella totale indifferenza e noncuranza in una mangiatoia per animali, lontano da ogni comodità e affetto parentale, nella povertà, quasi nel rifiuto (mi vengono in mente le parole di San Paolo quando dice: «Cristo si è fatto povero perché diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» in 2 Cor 8, 9 e di Giovanni nel Prologo, Gv 1, 11:«Venne tra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto»). A Dio non spaventa il nascere in queste condizioni, anzi, ci fornisce un segno grazie al quale è possibile riconoscerLo e renderci più simili a Lui, spogliandoci dell’egoismo e della vanagloria che spesso contraddistingue la nostra vita. Mi colpisce anche il contrasto tra la regalità di Cesare Augusto e quella di Cristo, da Cesare in quel periodo storico dipendeva la pace e la tranquillità, Cristo viene per portare la vera pace, quella dei cuori. Credo che la nascita di Cristo segni una svolta critica nella storia dell’uomo, da quel momento in poi Dio è CON NOI, è uno di noi e con umiltà viene non per essere servito, ma per servire e per salvarci dalla morte a cui siamo già condannati. Dio scende dall’alto della Sua gloria per farsi piccolo e vicino all’uomo, e questa Sua gloria non verrà mai meno, fino alla Croce. Infine questo brano ha suscitato in me delle domande: Che posto occupa Gesù nella mia vita e nel mio cuore? Quanto sono disposta ad accettare di conformarmi a Cristo “rinascendo” insieme a Lui in povertà e semplicità ogni giorno? Questa nascita cosa provoca in me? Pace e gioia o resistenza nel dover rinunciare a tante cose apparentemente allettanti di questo mondo? I doni che Lui mi offre con la Sua nascita li custodisco solo per me o sono fonte di comunione con i miei fratelli?