94) Lc 21, 10-19 – 05/10/22

  1. Il testo

       10Allora disse loro: «Sarà sollevato nazione su nazioni regno su regno, 11terremoti grandi e secondo i luoghi fame e pestilenze vi saranno, cose terrificanti e segni grandi dal cielo ci saranno. 12Prima di tutto questo getteranno su di voi le loro mani e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi [davanti] a re e governatori a causa del mio nome. 13Vi darà occasione per la testimonianza. 14 Ponete dunque nei vostri cuori di non preparare di difendervi. 15Io infatti vi darò bocca e sapienza alla quale non potranno resistere o ribattere tutti quelli che vi si oppongono. 16Sarete anche consegnati dai genitori e fratelli e parenti e amici, e metteranno a morte [alcuni] tra voi, 17 e sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18E un capello dalla vostra testa non perirà. 19Nella vostra sottomissione guadagnerete le vostre anime».

  • Il messaggio

       Il brano è in stretta relazione con quello precedente. Tuttavia, se nel precedente si legge di sommosse, situazioni che danno instabilità, nel presente brano è presentata una instabilità che diventa del tutto generale: 10Allora disse loro: «Sarà sollevato nazione su nazioni regno su regno, 11terremoti grandi e secondo i luoghi fame e pestilenze vi saranno, cose terrificanti. Si tratta di una situazione nella quale ogni popolo si solleva contro il popolo altro. È una situazione di discordia totale che, sicuramente, non viene da Dio e che sulla terra diventa insostenibile. Da un punto di vista politico, sociale, geografico e geologico è indice di instabilità. Questo sembrerebbe essere il frutto di una ribellione contro Dio: il peccato, la ribellione producono sempre una scissione a livello delle relazioni; quando questa scissione diventa globale, la situazione diventa di globale incertezza.

       In tutto questo, però: e segni grandi dal cielo ci saranno. Le cose terrificanti appartengono all’orizzonte della sedizione rispetto ad un ordine costituito, ma oltre a questa situazione completa, di ribellione totale, globale e terrestre, il cielo manda segni grandiosi. È come se ci fosse una proporzione tra quello che l’uomo vive e il fatto che Dio non lo abbandona, neanche nella condizione di grande rivolgimento e di fronte a grandi situazioni di certezza.

       12Prima di tutto questo getteranno su di voi le loro mani e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi [davanti] a re e governatori a causa del mio nome. 13Vi darà occasione per la testimonianza. I cristiani saranno perseguitati perché cristiani. Il suffisso –ianus significa appartenenza, cristiano è colui che appartiene a Gesù Cristo. Tutto è frutto di questa sedizione: i cristiani che restano fedeli a Dio vivono in maniera maggiore la fatica della fedeltà, che è causa di persecuzione. La fedeltà è il motivo della persecuzione.

       Gesù chiede di guardare questa situazione con un occhio diverso: questa situazione è la condizione per dare testimonianza. Ma perché si deve dare testimonianza di fronte ad un mondo che non si interessa a Gesù? Insieme ai grandi segni dal cielo, ci vogliono i piccoli segni di coloro che appartengono a Cristo. Non bastano i grandi segni dal Cielo, ma occorre un riflesso di questi segni sulla Terra. In questa condizione dunque, come si può fare testimonianza? La dinamica è chiara: la fedeltà a Cristo produce una persecuzione, e quest’ultima muove all’arresto, all’essere condotti in alcuni luoghi (tribunali, re, sinagoghe) ed in questi luoghi si dà testimonianza. La nostra testimonianza, dunque, deriva dalla fedeltà e dalla persecuzione che la fedeltà produce nei nostri confronti. La persecuzione allora è necessaria, è tra le vie di Dio, una via che dipende dalla libertà degli uomini. Indubbiamente, infatti, questi rivolgimenti appartengono alle scelte umane. D’altronde, l’esempio principale è Gesù: venuto a portare la salvezza che viene operata paradossalmente con la morte in croce, non con un miracolo, non con la guarigione, nemmeno con una predicazione, la salvezza di Gesù è operata dalla Croce che è luogo di condanna. Il cristiano non può vivere una dinamica diversa. Tutto questo comporta il fatto che non bisogna preoccuparsi di prepararsi: non ci sono scuole, se non la fedeltà, attraverso la quale Gesù dà bocca e sapienza.

       Questo quadro già di per sé problematico subisce addirittura un peggioramento che deriva dal fatto che l’inasprimento riguarda genitori, fratelli, parenti e amici: 16Sarete anche consegnati dai genitori e fratelli e parenti e amici, e metteranno a morte [alcuni] tra voi, 17 e sarete odiati da tutti a causa del mio nome. I vincoli di parentela non sono garanzia di fedeltà, ma possono addirittura diventare strumento di trasporto e conduzione in luoghi che sono i luoghi della testimonianza. Con la parola «tutti» si indicano coloro che vivono la sedizione, la ribellione, chi si ribella a Dio non può andare d’accordo con i cristiani. La situazione dei cristiani è di totale minoranza, non c’è alcun alleato.

       18E un capello dalla vostra testa non perirà.  Gesù non sta parlando di una salvezza semplicemente biologica, l’idea del perire ha a che fare con l’orizzonte che noi viviamo.

       19Nella vostra sottomissione guadagnerete le vostre anime. La parola «sottomissione» spesso tradotta con «pazienza» in realtà in greco è hypomonè, che letteralmente «rimanere sotto, sottomettersi» alla situazione. Gesù chiede di non ribellarsi, di fronte ad una situazione che è palesemente di ingiustizia, di sopruso, ma di accettare, di rimanere sottomessi a questa situazione che dà occasione di dare testimonianza. Quale possibilità abbiamo di rimanere sottomessi, se il nostro orizzonte non va anche un po’ al di là del presente? Se il nostro mondo è questo mondo e basta, non possiamo rimanere sottomessi, non è possibile, considerando il mondo con il quale ci identifichiamo. Ma possiamo identificarci con un mondo che è totalmente rivoltato contro Dio? I primi cristiani ritenevano di essere pellegrini, in cammino, non appartenenti al mondo. L’immagine che ne risulta è quella dei cristiani che vivono come in una sorta di carovana e che devono raggiungere una destinazione. L’idea più sbagliata che noi possiamo avere è quella di voler mettere radici, quasi che tutta la nostra vita rimanesse qui. Invece, tutto va a crollare, finanche il Tempio che è il luogo per eccellenza nel quale pensiamo ci sia Dio. Anche il Tempio crolla e con questo tutte le certezze. L’unica cosa che resta in piedi è la fede. Se non c’è la fede, si corre il rischio di andare con il mondo e le sue sedizioni, rivoluzioni, terremoti.

       Tutto quello che noi abbiamo (le lauree, i titoli, i soldi, i beni) e che noi non ci porteremo di là, non ha valore. Ciò che conta è quanto noi avremo aiutato qualche altro a fare la traversata nel pellegrinaggio. Possiamo fare riferimento ad un passo dell’ufficio delle letture della festa di San Francesco, dalla Lettera a tutti i fedeli: «Gli uomini perdono tutto quello che lasciano in questo mondo, e portano con sé solo la mercede della carità e delle elemosine che hanno fatto; ed è il Signore che dà il premio e la ricompensa…non dobbiamo essere prudenti e sapienti secondo la carne, ma piuttosto semplici umili e casti. Non dobbiamo desiderare di essere al di sopra degli altri, ma piuttosto servi e sottomessi a ogni umana creatura per amore del Signore…e su tutti coloro che avranno fatto tali cose, e perseverato fino alla fine, riposerà lo spirito del Signore».

       Questa sottomissione non è, per San Francesco, sottomissione alla sola situazione, ma diventa per lui un criterio generale di relazione: sottomissione a tutti i fratelli, e cioè ciò che i frati cappuccini chiamano “minorità”, l’essere al di sotto degli altri, e non voler essere sopra. San Francesco fa diventare questa regola del Vangelo una regola valevole per tutte le relazioni: qualsiasi cosa noi facciamo e abbiamo, dobbiamo utilizzarla per gli altri. Questo appartiene ad una sapienza, ossia ad un modo di pensare proprio del Vangelo (cfr. la Lettera ai filippesi 2, 6-11: Gesù , pur essendo di natura divina, non considerò un Suo tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spoglio se stesso assumendo la condizione di servo).

       Sottomissione in ultima analisi è non permettere che al male si risponda con il male, ma rispondere in fedeltà al principio cristiano. Occorre fare in modo che le condizioni, finanche quelle più estreme di rivolgimento e sedizione, non modifichino lo stile dell’essere cristiano, che può essere espresso con una condizione di sottomissione, testimoniando il Vangelo.

  • Alcune domande per riflettere
  • Gesù predice un momento nel quale ogni certezza umana, ogni equilibrio politico, sociale e finanche geografico viene infranto. È il segno di un momento di totale rivolgimento delle certezze. Di grandi prove, ma anche di grandi possibilità: «cose terrificanti» e «grandi segni dal cielo». Quanto preferisco ad essi una vita tranquilla che però non abbia a cuore la presenza di Dio?
  • In un mondo che passa ogni realtà di questo mondo (beni, riconoscimenti, conoscenze, potere) hanno un valore limitato. Gesù ci insegna a guardarli per servici di queste cose non per farne il centro della vita. Quanto la mia carriera, le mie aspirazioni, i miei sogni incrociano le esigenze dei fratelli e quanto riguardano solo me? Se la vita è una carovana che conduce alla prova finale ove tutto si deve lasciare che valore hanno le mie azioni? In che modo esse possono assumere un valore eterno?
  • Anche la morte per coloro che credono non può essere un deterrente assoluto. Gesù chiede la perseveranza, o meglio la sottomissione agli eventi persecutori. Essa permette di rendere testimonianza e di far divenire le situazioni di persecuzione occasioni di testimonianza. Che forma ha la sottomissione nella mia vita?