62) Lc 12,22-31 – 06/10/2021

  1. Il testo 

22Disse verso i suoi discepoli: «Per questo vi dico: non vi preoccupate per la vostra vita: cosa mangiate, per il corpo: cosa indossate. 23La vita, infatti, è più grande del cibo e il corpo del vestito. 24Guardate attentamente i corvi: non seminano né mietono, non [è] a loro ripostiglio né granaio, e [il] Dio li nutre. Quanto più voi differite dagli uccelli! 25Chi tra voi, affannandosi, può aggiungere un cubito alla sua statura? 26Se dunque neanche per la più piccola [cosa] potete, perché vi affannate per le restanti? 27Guardate attentamente i gigli come crescono. Non filano, né tessono. [Io] vi dico che neanche Salomone in tutta la sua gloria vestiva come uno di questi. 28Se dunque Dio veste così l’erba nel campo, che oggi c’è e domani è gettata nel forno, quanto più voi, [gente] di poca fede.  29E voi non cercare cosa mangiare e cosa bere e non vi agitate. 30Tutte queste cose, infatti, [le] cercano le genti del mondo, il padre vostro sa che avete bisogno di queste. 31Piuttosto cercare il suo Regno e queste cose vi saranno aggiunte».

2. Il messaggio

  1.  

Il capitolo 12 si apre con le prime conseguenze del conflitto tra Gesù e gli Scribi e Farisei contro i quali Gesù non usa mezzi termini ma dice quello che non va in maniera diretta. Gesù invita i suoi discepoli a non temere coloro che uccidono il corpo ma a temere Dio. È un invito a non lasciarsi intimidire da quelle che sono le reazioni degli uomini rispetto alla franchezza e alla chiarezza del Vangelo. Quando si porta la Parola di Dio questa crea sempre increspature, ribellioni, in tutti.

Emergono allora due possibilità: accettare che quella ribellione dipende dal nostro essere peccatore, e quindi dare ragione alla Parola (cfr. Luca 12, 8-9: 8.Vi dico chi dovesse essere d’accordo con me davanti agli uomini, anche il figlio dell’uomo sarà d’accordo con lui davanti agli angeli di Dio. 9, Chi mi rifiuterà davanti agli uomini sarà rifiutato davanti agli angeli di Dio), oppure pensare che la ribellione, che sorge e monta dentro di noi, abbia ragione, considerando così la Parola come qualcosa che deve essere cambiata. In tal caso c’è la ribellione. Sappiamo infatti che scribi e farisei decidono addirittura di uccidere Gesù.

Il discorso di Gesù è interrotto da un tale che gli dice: Maestro dì a mio fratello di dividere con me l’eredità, ma Gesù gli risponde che non sono quelle le cose da chiedergli perché fugaci, e conclude con un insegnamento (fatto attraverso una parabola), che invita a sforzarsi di accumulare tesori in cielo e non sulla terra, ovvero a non affannarsi per accumulare beni terreni perché questi ultimi devono essere lasciati.

Sulla scorta di questo Gesù approfondisce l’argomento rivolgendosi solo ai discepoli e in un modo particolare.

 22Disse verso i suoi discepoli: «Per questo vi dico: non vi preoccupate per la vostra vita: cosa mangiate, per il corpo: cosa indossate. Il tema del discorso è quello delle preoccupazioni per le necessità terrene, non si tratta più tanto di accumulare ma di chiedersi come mangiare e come vestirsi. È sicuramente un livello di insegnamento più alto rivolto a persone che sono più preparate.La preoccupazione, come già evidenziato nella Parabola del seminatore, è ciò che soffoca la Parola e non le permette di fruttificare.

 23La vita, infatti, è più grande del cibo e il corpo del vestito. Questa frase è la risposta. Sembra che Gesù stia paragonando la preoccupazione intesa come eccesso, con la grandezza della vita.La preoccupazione, seppur per cose essenziali (ma per Gesù comunque secondarie), e la grandezza della vita sono tra loro incompatibili.

Possiamo chiederci: Che cosa intende dire il Signore affermando che preoccuparsi è sbagliato?  Il prefisso pre- significa “primariamente di”, è da intendere con il dare la precedenza ad alcune cose piuttosto che ad altre. Questo comporta chequando si mettono avanti delle realtà piuttosto che altre si può essere oppressi (agitati, sconvolti), e questa agitazione è una forma di dis-ordine.Ma allora, cosa connota l’ordine della vita, perché alcune cose devono andare prima e altre dopo? A ben guardare non si tratta una questione morale.

24Guardate attentamente i corvi: non seminano né mietono, non [è] a loro ripostiglio né granaio, e [il] Dio li nutre. Quanto più voi differite dagli uccelli! Seminare e mietere non sono azioni che un corvo può fare. Consistono in azioni rivolte a preparare il terreno per far sì che produca frutto, il cibo, mediante la coltivazione e necessita della cura dell’uomo. Il corvo non può compiere queste azioni perché non ne ha le facoltà, Dio invece compie qualcosa che supporta quello che il corvo non può fare.Gesù non invita ad essere “scansafatiche”, ma ci esorta a non fare più di quanto non sia nelle proprie possibilità.

25Chi tra voi, affannandosi, può aggiungere un cubito alla sua statura? 26Se dunque neanche per la più piccola [cosa] potete, perché vi affannate per le restanti? Gesù dimostra l’inutilità della preoccupazione: non si può crescere oltre quello che ci è dato. Il che significa imparare ad accettare il proprio limite, e la preoccupazione, nella sua profondità, è un non accettare un limite, che diventa un “iper-lavorare” in una direzione per ottenere di più, a discapito di ciò che è invece più essenziale.

27Guardate attentamente i gigli come crescono. Non filano, né tessono. [Io] vi dico che neanche Salomone in tutta la sua gloria vestiva come uno di questi. 28Se dunque Dio veste così l’erba nel campo, che oggi c’è e domani è gettata nel forno, quanto più voi, [gente] di poca fede. Gesù continua dicendo che i gigli non filano, non tessono (anche loro, come i corvi, sono impossibilitati a compiere certe azioni) eppure neanche Salomone vestiva come loro.Il paragone cambia: Gesù afferma che per quanto possiamo lavorare non arriveremo mai ad un livello superiore di quello che Dio vuole darci.Il paragone è collegato con la prima metafora, ma mentre lì si invita ad accettare il proprio limite perché non si può crescere oltre quello che si è, qui invece si dice che un “iper-impegno” non porta a niente.

Gesù inoltre evidenzia che il massimo che si possa fare fare, (perfino l’uomo più Sapiente , Salomone, non vestiva come i gigli dei campi) non arriverà mai al dono che Dio fa alla persona. Forse, nel limite accettato vi è una bellezza che si può guardare solo con gli occhi di chi guarda con lo sguardo di Dio. Con l’espressione Guardate attentamente Gesù vuole mettere l’accento sulle cose attorno, cioè, sembra dire «Vi siete accorti che sono così belle? Oppure non riuscite a guardare perché troppo occupati nelle vostre preoccupazioni?». La preoccupazione rende ciechi. Il guardare bene ha a che fare con la cecità, per imparare a guardare le cose belle bisogna smettere di correre e affannarsi per gli obiettivi secondari.

 29E voi non cercare cosa mangiare e cosa bere e non vi agitate. 30Tutte queste cose, infatti, [le] cercano le genti del mondo, il padre vostro sa che avete bisogno di queste.La ricerca è la preoccupazione smodata, fuori dai limiti, dalle proprie possibilità, è un coinvolgimento dell’essenza della vita, perché tutte queste cose le cercano le genti ( coloro che non sono di fede ebraica).

L’essenza della vita invece è la relazione col Padre, sopra tutto, e in Dio con tutti i fratelli e le sorelle. Quando ci si mette a cercare per sé stessi, le preoccupazioni e l’”iper-lavoro” producono una riduzione delle relazioni fino alla rottura, poiché diventa più importante quello che dobbiamo fare piuttosto che la relazione con Dio e con i fratelli.

Il che non significa disimpegnarsi della realtà, ma dare un valore preponderante rispetto al valore relazionale con Dio e con il prossimo. Chi agisce con preoccupazione non sopravvive perché la vita è fatta per le relazioni, vale più del vestito, del lavoro, della casa, del cibo, della carriera, etc. L’effetto prodotto dalla preoccupazione è l’agitazione, il malessere, perché provoca un disordine nello Spirito.

La relazione con il Padre consiste nel sapere «quanto più voi siete importanti»: più del corvo, più dei gigli; significa essere consapevoli che Il Padre si preoccupa di noi. La conoscenza del Regno è la consapevolezza di quanto e come Dio ci vuole bene, agisce nei nostri confronti, è il vivere sentendoci amati e considerati, altrimenti la vita avviene nel nostro cervello (siamo noi a vivere, noi a voler bene, noi ad agire per dovere, per morale). Gesù capovolge il pensiero, è il Padre che ci vuole bene, per il Padre noi siamo preziosi. La relazione con il Padre cresce con questa consapevolezza.

La dimensione relazionale costituisce, a tutti gli effetti, il centro di quello che è il Regno di Dio, ovvero il rapporto con Dio. Dio è relazione sussistente, Amore del Padre con il Figlio, e il Padre e il Figlio con Lo Spirito Santo. La relazione infatti richiede almeno due cardini, altrimenti non c’è relazione. Dio in sé stesso non è monolitico. Quando si pensa al Regno non bisogna immaginarlo come una cosa astratta nella quale io dobbiamo entrare, il Regno consiste nell’entrare in relazione. La Parola, per eccellenza, è un atto relazionale. Quando si usa la parola non ci si rivolge a sé stessi ma la parola si usa per dire qualcosa a qualcuno, per stabilire una relazione con qualcuno[1].

Gesù sta svelando ai suoi discepoli i segreti del Regno, indicando come entrare nel Regno; è un invito da parte di Dio, per accettare il quale dobbiamo dire molto spesso di no a tutte quelle cose che cercano, dentro di noi, il primato. Le nostre azioni dicono concretamente quella che è la nostra Fede.   

3. Alcune domande per riflettere

  • Preoccuparsi eccessivamente per le realtà contingenti fa inevitabilmente evaporare la presenza di Dio nella nostra vita. Le nostre azioni quotidiane sono la risposta concreta a quanto peso diamo alla nostra vita interiore (la presenza d Dio) e quanto alla nostra vita esteriore (le preoccupazioni). Prova a dare una percentuale dello spazio che occupa in te il pensiero di Dio e delle preoccupazioni.
  • Riconosco che preoccuparsi e agitarsi è già segno di un atteggiamento relazionale debole verso Dio? Credo alla Parola di
  • Gesù secondo la quale la preoccupazione si può spegnere? Cosa faccio per ridurre la preoccupazione?
  • Preoccuparsi è voler andar oltre la propria statura e rende ciechi della bellezza che Dio già ci ha donato, quanto desidero altro rispetto a ciò che sono? E quanto sono consapevole della bellezza/bontà che Dio mi ha donato?
  • Il Regno di Dio è per Gesù ciò che nella vita va cercato. Cosa è per me il Regno? È attraente?

[1] Nella vita del Santo Curato d’Ars si racconta di un contadino che, ogni giorno e alla stessa ora, entrava nella chiesa parrocchiale, e si sedeva nell’ultimo banco. Non aveva libri di preghiere con sé perché non sapeva leggere; non aveva tra le mani nemmeno la corona del rosario. Ma ogni giorno, alla stessa ora, arrivava in chiesa e si sedeva nell’ultimo banco…e guardava fisso il Tabernacolo. San Giovanni Maria Vianney, incuriosito da quel modo strano di fare, dopo aver osservato quel suo parrocchiano per qualche giorno, gli si avvicinò e gli chiese: “buon uomo…ho osservato che ogni giorno venite qui, alla stessa ora e nello stesso posto. Vi sedete e state lì. Ditemi: cosa fate?”. Il contadino, scostando per un istante lo sguardo dal Tabernacolo rispose al parroco: “Nulla, signor parroco…io guardo Lui e Lui guarda me”. E subito, riprese a fissare il Tabernacolo.