24) Mt 8, 14-17 – 13/12/2023

1.   Il Testo

14E venuto Gesù nella casa di Pietro vide la suocera di lui che giaceva e febbricitante. 15E toccò la sua mano e la febbre la lasciò, e fu rialzata e lo serviva.16Venuta sera portavano a lui molti indemoniati. E scacciò gli spiriti con [la] parola e tutti quelli che avevano mali curò. 17Così fu compiuto il detto per mezzo di Isaia profeta che dice: «Egli ha preso le nostre infermità e ha sollevato le nostre malattie».

2.   Il Messaggio

                14E venuto Gesù nella casa di Pietro vide la suocera di lui che giaceva e febbricitante. Da notare che mentre negli altri due sinottici si parla della casa di Simone qui, invece, è già la casa di Pietro al quale Gesù cambia il nome nel cap. 4 e da quel quel momento in poi rimane Pietro. Il verbo che utilizza Matteo per descrivere lo stato della donna,  è diverso da quello utilizzato da Marco il quale usa “stesa” mentre Matteo dice che è “gettata a terra”. Il significato cambia molto in quanto l’essere gettata a terra rimanda ad una malattia che ha prostrato questa donna. Non è una donna semplicemente distesa ma prostrata.

                15E toccò la sua mano e la febbre la lasciò, e fu rialzata e lo serviva. Mentre nei Vangeli di Marco e Luca sono gli altri che informano Gesù sullo stato della donna,  in Matteo Gesù guarda, tocca e la donna guarisce, anzi, il contatto di Gesù provoca l’uscita della malattia dalla donna ma è un’iniziativa che prende Gesù. E’ già successo con il lebbroso che il solo contatto con Gesù fa in modo che tutto ciò che è male esca fuori dall’uomo, vada via.

                Questa donna “fu rialzata”: connota  un’azione che la donna non fa in prima persona ma subisce e non sfugge che il verbo sia lo stesso,  metaforicamente, utilizzato per la Risurrezione, Pertanto, questa azione di Gesù, che consiste nell’essere rialzati, assume un senso che va oltre la malattia contingente.

Un’altra particolare differenza rispetto agli altri Vangeli è che la donna “lo serviva” mentre negli altri Vangeli è “li serviva” . Questo dice a proposito di un rapporto di riconoscenza che la donna ha nei confronti di Gesù.

                In quello che è accaduto c’è tanto di non detto. Abbiamo già affrontato delle guarigioni in cui, però, ci sono stati dei dialoghi. Quando accade una guarigione questa accade in una relazione di fiducia tra Gesù e l’altra persona. Qui Matteo elimina tutte le intermediazioni, presenti negli altri sinottici, e sembra dire che qui c’è qualcosa nella donna come risposta personale; c’è un dialogo interno e invisibile, tra Gesù e la donna.

                16Venuta sera portavano a lui molti indemoniati. E scacciò gli spiriti con [la] parola e tutti quelli che avevano mali curò. Potrebbe trattarsi di un giorno di sabato che spiegherebbe il fatto che malati e indemoniati siano portati a lui di sera.  Matteo tiene a sottolineare che Gesù scaccia gli spiriti con la Parola. Per cui, “toccare”, che è entrare in contatto,  e “parola” sembrerebbero essere modi di Gesù per entrare in contatto con l’intimità delle persone. Come il toccare la donna fa uscire la malattia (la febbre) dal corpo della donna così il toccare con la parola lo spirito, in quanto l’indemoniato vive il male nella dimensione dello spirito, guarisce l’interiorità degli indemoniati. In una pienezza che è a tutto tondo.

                Curare è prendersi cura, deriva da terapia, e non significa guarire. E’ qualcosa di diverso rispetto al tocco nei confronti della suocera di Pietro. Prendersi cura è una parola che risolleva ma non ci viene detto che guarisce totalmente.

                17Così fu compiuto il detto per mezzo di Isaia profeta che dice: «Egli ha preso le nostre infermità e ha sollevato le nostre malattie». Rispetto agli altri evangelisti, Matteo aggiunge la profezia di Isaia. Il verbo “sollevare” assume un significato fisico dell’azione di sollevare, come sollevare una croce,  e intende dire che Gesù ha preso su di sé, si è caricato. Questo svela il senso di ciò che Matteo non spiega chiaramente in questo brano ma che forse ha già spiegato nel racconto del lebbroso in cui Gesù dicendo “lo voglio, sii purificato” rende palese che ha veramente il desiderio che ci sia una purificazione del bene dell’altro tanto è vero che Gesù supera lo sbarramento della lebbra,  che gli impedirebbe di toccare il lebbroso.

                Qui Matteo va, addirittura, oltre dicendo che Gesù è disposto a guarire a costo di prendere su di sé le malattie che toglie a noi. Questo rivela ancora una volta la forma dell’onnipotenza di Dio e la forma dell’amore divino. E dunque dell’amore cristiano. San Paolo la chiamerà la legge dell’Amore di Cristo: “portate i pesi gli uni degli altri così adempirete alla legge di Cristo”. Se si vuole veramente aiutare qualcuno è necessario farsi almeno un po’ carico del suo male.

È esattamente quello che Gesù fa e Lui lo fa totalmente laddove Matteo descrive i mali dell’uomo in tutta la loro ampiezza: febbricitante, indemoniati, quelli che hanno mali, infermità e malattie e Gesù con il tocco e la sua parola si fa carico di ognuna di questi. L’azione terapeutica, di guarigione e di esorcismo di Gesù è un’azione che passa attraverso la sua compassione e che lo spinge a voler prendere su di sé quei mali perché per guarire, per curare, per prendersi cura dell’altro c’è bisogno di questo atteggiamento.

3.   Alcune domande per riflettere

1.  [La mia fede] «Vide la suocera di lui… e toccò la sua mano». Gesù prende l’iniziativa e «tocca» la suocera di      Simone guarendola e risollevandola. Quante volte mi capita di pensare che Gesù previene le mie esigenze senza la necessità che chieda? Quanto è importante che Gesù anche solo entri sotto il tetto della mia casa?

2.    [La prassi] «Scacciò gli spiriti con la parola». La parola di Gesù ha un effetto nell’interiorità pari al suo tocco. Questa è a tutti gli effetti un toccare, un entrare in contatto con l’interiorità. quando questo avviene siamo sanati, liberati da ciò che interiormente ci rende ammalati. Mi è capitato di vivere questo essere toccato dalla parola? Posso ricordare qualche «liberazione» che Gesù ha adoperato nella mia interiorità?

 3.    [La mia offerta] «Egli ha preso le nostre infermità». Come per il lebbroso, anche qui emerge che il guarire di Gesù è un atto di amore, di contatto, di desiderio di superamento di ciò che separa. Toccando il lebbroso Gesù accetta il rischio del contagio e dell’impurità, guarendo le infermità egli decide di prenderle su di sé. Quale pensiero mi provoca questo atteggiamento di Gesù verso di me? Come penso di corrispondere?

 4.    [Gli altri] «Ha sollevato le nostre malattie». Aiutare l’altro è – secondo l’esempio di Gesù – prendere almeno un po’ il suo carico. Lo ricordava anche Paolo nel dire «portate i pesi gli uni degli altri» (Gal 6,2). Quanto questa consapevolezza mi frena? Quanto riesco ad entrare in contatto con il fratello? Ad aiutarlo nelle sue difficoltà? A dire una parola che possa alleviare la sua interiorità?