• Lc 4,31-37 – 01/04/2020

1. Il testo

31E scese a Cafarnao, città della Galilea, e stava insegnando loro di sabato. 32Ed erano sbalorditi per il suo insegnamento, poiché con autorità era la sua parola. 33E nella sinagoga c’era un uomo che aveva uno spirito di un demonio impuro e urlò con grande voce: «34Basta, che cosa [c’è] tra noi e te Gesù nazareno? Sei venuto a distruggerci? So tu chi sei, il santo di Dio. 35E lo rimproverò Gesù dicendo: «Taci ed esci da lui». E gettatolo il demonio nel mezzo uscì da lui, non avendogli recato danno. 36E avvenne sbigottimento su tutti e parlavano gli uni gli altri dicendo: «Che parola è questa che con autorità e potenza comanda agli spiriti impuri ed escono?». 37E si diffondeva l’eco su di lui in tutto il luogo della regione.

2. Il messaggio

                Per decodificare il brano è necessario ricondurlo al precedente. Cafarnao è stata già citata; dopo esser stato qui, Gesù va a Nazareth per poi ritornare a Cafarnao. Questo è fondamentale perché ci aiuta a comprendere i criteri utilizzati da Gesù. Si noti inoltre un parallelismo con il brano precedente: 31E scese a Cafarnao, città della Galilea, e stava insegnando loro di sabato.

                Gesù, come al suo solito, insegna nello stesso giorno della settimana, di sabato, nello stesso luogo, nella sinagoga. Intuiamo cioè che c’è una prassi consolidata, Gesù predica secondo quelli che sono i canali “religiosi” ufficiali di allora. Mentre a Nazareth tutti sono stupiti delle parole e a questo stupore frappongono il dubbio (v. 22: « non è costui il figlio di Giuseppe?»), in questo caso sono sbalorditi (v. 32: Ed erano sbalorditi per il suo insegnamento).Lo stupore sembra essere lo stesso, nel primo caso per le parole di grazia che escono dalla sua bocca, nel secondo per il suo insegnamento. Quando parla Gesù, produce sempre qualcosa in chi Lo ascolta. In questo brano si tratta di «sbalordimento», «poiché con autorità era la sua parola».

                La Parola crea stupore, trasformazione nelle persone perché è una parola che produce quello che dice, infatti: 33E nella sinagoga c’era un uomo che aveva uno spirito di un demonio impuro e urlò con grande voce: «34Basta, che cosa [c’è] tra noi e te Gesù nazareno? Sei venuto a distruggerci? So tu chi sei, il santo di Dio». Il demonio impuro si ribella, la parola produce stupore e sbalordimento nelle persone che lo ascoltano mentre laddove c’è una persona posseduta da un demonio impuro, questo si manifesta nel momento in cui Gesù parla. Quest’uomo ha dentro di sé uno spirito impuro che è latente fino a quando la parola di Gesù provoca la presenza di questo demonio.

                La presenza del male che è nel cuore dell’uomo viene cioè destabilizzata dalla parola di Gesù e si ribella. La possessione consiste nel fatto che il male pervade completamente la persona tanto che può parlare per mezzo di questa come se fosse egli stesso. Dovremmo ragionare sul fatto che – anche se non nei termini di una possessione – il male dal di dentro ci tenta a compiere e dire ciò che è contro Dio e il fratello.

                Interessante osservare come la manifestazione dello spirito impuro accade quando c’è un’accoglienza comune della Parola predicata da Gesù (a differenza di Nazaret). Sembrerebbe proprio questo a infastidire il demonio che grida: «cosa c’è tra noi e te?». Fino a che la situazione è favorevole, il demonio resta silente, ma quando la comunità accoglie la Parola di Dio, egli si ribella. Anche la domanda «sei venuto a distruggerci?» – al plurale – potrebbe riferirsi allo smantellamento di una situazione in cui questo demonio si trova, facendo emergere la funzione costruttrice della Parola che purifica la comunità, facendole abbandonare quei modi di pensiero e di agire che non sono secondo Dio.

                Nel brano dunque sono presenti da un lato il riconoscimento di Gesù, dall’altro l’opposizione a Gesù. Emerge così una vera e propria dimensione del peccato. Il demonio riconosce Gesù ma non vuole fare ciò che lui dice: similmente, il peccato comporta comprensione e deliberato consenso. E’ questo il motivo per cui ascoltare la Parola di Dio e partecipare agli incontri di lectio è molto responsabilizzante: se sappiamo e poi sbagliamo siamo molto più colpevoli rispetto a chi non sa.

                35E lo rimproverò Gesù dicendo: «Taci ed esci da lui». Gesù rimprovera il male e lo fa tacere, perché il male non deve parlare, ciò che dice è sbagliato, e lo caccia dalla comunità. Questa forma di esorcismo la può fare solo Gesù, scaccia il male attraverso la sua parola.

                E gettatolo il demonio nel mezzo uscì da lui, non avendogli recato danno Il demonio non può rivendicare nulla di fronte alla Parola di Gesù, l’unica cosa che può fare è protestare, infatti getta a terra l’uomo, crea rumore, confusione, ma oltre questo non può fare nulla, Anche noi, tutte le volte che dobbiamo combattere il male, dobbiamo aver fiducia che questo può solo fare rumore, questo clamore è come il rumore delle foglie, non delle armi, crea fastidio ma nulla di più. E’ fondamentale sottolineare che Gesù può scacciare il demonio perché la comunità accetta la Sua Parola, mentre a Nazareth non può farlo proprio perché non viene accolto e quindi non può manifestare la Sua azione. Se tutti crediamo che il Signore agisce, facciamo esperienza dell’azione di Gesù. Questo il senso più profondo della comunità cristiana.

                36E avvenne sbigottimento su tutti e parlavano gli uni gli altri dicendo: «Che parola è questa che con autorità e potenza comanda agli spiriti impuri ed escono?». Questo aspetto è determinante perché produce sbigottimento. Lo sbigottimento è una sorpresa che ha però in sé i riflessi della paura. Aspetto quest’ultimo che abbiamo incontrato già molte volte nel nostro percorso laddove si è mostrata l’azione di Dio. Si tratta di un avvenimento che accade contemporaneamente su tutti. Così, il parlare gli uni gli altri non è segno di negatività ma è quasi un comunicarsi lo sbigottimento, come se fosse una condizione di tutti, come se per tutti fosse avvenuto lo stesso evento.

                37E si diffondeva l’eco su di lui in tutto il luogo della regione. Il termine «eco» indica qualcosa che si espande tutto intorno, come se fosse un proseguimento del comunicarsi lo sbigottimento. Questa esperienza divina si diffonde, questa Parola risuona, ed è un modo che Dio utilizza. Egli si serve di uomini per parlare ad altri uomini, e queste persone diventano strumento di divulgazione della parola di Gesù. In ultima analisi, a Cafarnao Gesù ha trovato un luogo dove è accolto, qui la sua azione divina si può manifestare.

3.Le risonanze personali

                vv. 31-37 In questo brano ritroviamo Gesù che va via da Nazareth, lasciando tutti nello sdegno ed arriva a Cafarnao facendo la stessa cosa ovvero insegnando di sabato nella Sinagoga . Qui, però, la reazione dei presenti è diversa. Prima che scacciasse uno spirito impuro, essi riconoscono che la sua Parola ha autorità e successivamente dopo aver scacciato lo stesso aggiungono a quella Parola la potenza . Mi sembra quindi che qui ci sia già una fede che cresce. A differenza di quanto avviene nel brano precedente, in questo non viene detto esplicitamente che la Parola di Dio si sta realizzando in Lui, ma gli abitanti di Cafarnao riescono ad andare oltre a quelle che possono essere le loro conoscenze e riconoscono l’autorità della Sua Parola. L’insegnamento di Gesù è probabilmente lo stesso e questo mi ha fatto rafforzare l’idea che qui Gesù trova una diversa disponibilità di accoglienza. Inoltre qui ad essere gettato nel mezzo è il demonio. Questo aspetto mi ha fatto pensare che una comunità che crede consente a tutti i suoi membri, anche a quelli i cui vi è uno spirito impuro, di salvarsi senza alcun danno e quindi mi ha rimandato all’importanza del vivere una dimensione comunitaria di fede .

                vv. 31-37 Gesù dopo Nazareth va a Cafarnao, e come al suo solito entra nella sinagoga per insegnare. Possiamo già notare una prima differenza rispetto a ciò che è accaduto a Nazareth, perché lì la gente è stupita, invece a Cafarnao la gente è sbalordita. Sembra che a Cafarnao Gesù  faccia più effetto, infatti la Sua parola è autorità come se fosse legge. Succede, che nel momento in cui la Parola di Gesù fa avvicinare la gente al sapere di Dio, che un uomo posseduto da uno spirito impuro riconosca Gesù come il santo di Dio e metta distanza tra lui e il popolo e la Parola. Gesù lo fa tacere e lo libera senza provocare danno ma creando sbigottimento, turbamento che producono una grande comunicazione e quindi diffusione di quello che è accaduto . Trovo ancora un’ altra differenza con Nazareth, lì la gente non ha accolto l’insegnamento di Gesù infatti lo cacciano dalla città; a Cafarnao invece la gente ha accolto la Parola provocando la sua diffusione. Molto spesso siamo alle prese con la lotta del bene e del male che c’è in ognuno di noi, Gesù ci vuole allontanare dal male.

                vv. 31-37 Il brano è pieno di significati, la parola di Gesù, definita autoritaria, in realtà cambia il popolo e  in particolare un uomo. Nel popolo ho notato il cambiamento di prospettiva che ha sulla parola di Gesù, all’inizio nel v. 32 sono sbalorditi per il suo metodo di insegnamento autoritario, poi al v. 36 si parla di sbigottimento del popolo, perché ora la parola è piena di potenza dato che ha trasformato lo spirito di un uomo. In loro la Parola lascia un punto interrogativo, sul come sia riuscita una parola a cambiare l’uomo. Centrale nel brano è il comando di Gesù su quell’uomo che si ribella a lui: «Taci ed esci da lui». Anche se la Parola si dimostra così forte non reca alcun danno nell’uomo anzi lo migliora portandolo a nuova vita. La Parola diventa il Segno del cambiamento.

                La Parola di Gesù, che ha autorità e potenza, agisce e suscita nel cuore di chi ascolta una reazione, anche forte. Come abbiamo detto in continuità con il brano precedente, la nostra ribellione si scatena alle parole di Gesù. Gesù soltanto può liberarci dalle nostre ribellioni con la sua Parola: Taci ed esci.

                vv. 31-37 Gesù torna a Cafarnao, dopo aver lasciato Nazareth. Cosa ci va a fare? Va lì ad INSEGNARE. In particolare, insegna nella sinagoga di sabato, dunque nel luogo e nel giorno del Signore. Ancora una volta, Lui si trova esattamente dove si trovano “le cose del Padre”. Non manca all’appuntamento con Dio ed è proprio grazie a questa sua fedeltà, che potranno accadere i segni che vedremo. Ciò che caratterizza la missione di Gesù è l’insegnamento, che consiste nello spiegare la Parola, renderla intellegibile alle persone nella sua essenza più vera, più profonda. E’ una conoscenza della verità, ma mediata dalla fede, e ciò lo vedremo confermato dall’episodio che accadrà tra poco. Di fronte a questo insegnamento, così diverso dal solito, così autorevole, le persone restano sbalordite. Cosa le meraviglia così tanto? L’autorità della sua parola. Evidentemente, perché abituati ad insegnamenti privi di tale autorità, forse a parole vuote a rituali ripetitivi ma privi di vera fede. Ciò che smuove è vedere la vera fede nel tuo interlocutore, ciò può scuotere anche il nostro animo e aiutarci a ritrovare la strada del rapporto con Dio. L’episodio dell’indemoniato, poi, ci dà il segno del tipo di insegnamento che Gesù intende offrire. Davanti alla Sua Parola, il male è costretto ad uscire allo scoperto, venire alla luce nella verità («sei il Santo di Dio»), ma Gesù gli dice di tacere: non vuole una verità bella e pronta, preconfezionata, intende, piuttosto, portare ognuno ad un rapporto di fiducia con il Padre in una sorta di allenamento alla fiducia, che forse i suoi interlocutori avevano da tempo dimenticato.

                Davanti alla Sua Parola, in ogni caso, il male rifugge, anzi è scacciato e ciò fa pensare che anche se a volte il male è permesso da Dio, alla fine esso è pure da Lui limitato, arginato, poiché uno solo è il Creatore e a Lui tutte le creature devono obbedienza, anche quelle che gli si sono ribellate. Alla fine tutto rientra nel Suo piano di provvidenza e ciò è testimoniato anche dal fatto che lo spirito impuro non recò alcun danno a quell’uomo. A seguito di questo segno, si suscita negli astanti una meraviglia ancora più forte: sono letteralmente sbigottiti, ma è interessante osservare a cosa conduce questa meraviglia. Conduce ad un interrogarsi: stavolta, differentemente da ciò che hanno fatto gli abitanti di Nazareth, essi s’interrogano sulla parola (che è potente, perché si attua mentre viene detta) e non sulla persona di Gesù, sulla sua provenienza o altro. Forse ciò può essere un segnale di maggior apertura in quanto si mostrano pronti ad un primo cambio di mentalità, salvo poi dover verificare se questa parola sarà da loro accolta ed effettivamente e custodita. Ma questo non potrà che passare attraverso l’instaurazione di un rapporto di fiducia nella persona di Gesù: se gli daranno credito, osserveranno la Sua Parola. La fede si fonda su un rapporto autentico, ma al contempo è proprio la Parola che potrà nutrire tale rapporto. Ciò fa riflettere, molto, su quale sia l’importanza che diamo alla Sua Parola, perché è cominciando da questa che quell’incontro con il Signore potrà continuare ad avvenire nelle nostre vite in maniera sempre più profonda.