70) Lc 14, 7-14 – 15/12/2021

  1. Il testo

7Diceva una parabola verso quelli che erano seduti [a tavola], avendo visto come sceglievano i primi posti, dicendo verso loro: «8Quando sei invitato da qualcuno alle nozze, non sederti al primo posto, affinché non ci sia uno più degno di te invitato da lui, 9e venuto quello da te e avendo[ti] chiamato ti dica: dài a costui il posto, e allora comincerai con vergogna a prendere l’ultimo posto. 10Ma quando sei chiamato, recatoti, mettiti all’ultimo posto, affinché quando sia giunto colui che chiama da te ti dica: amico, sali più avanti. Allora sarà a te gloria davanti a tutti i tuoi commensali. 11Poiché chiunque innalza se stesso sarà umiliato, e chi umilia se stesso sarà innalzato».  12Diceva anche a chi aveva chiamato lui: «Quando fai pranzo o cena, non chiamare i tuoi amici né i tuoi parenti né vicini ricchi, cosicché anche essi ricambino a te e avvenga per te contraccambio. 13Ma quando fai un banchetto, chiama poveri, storpi, zoppi, ciechi, 14e sarai beato poiché non hanno da ricambiarti, sarà ricambiato infatti a te nella risurrezione dei giusti».

  • Il messaggio

7Diceva una parabola verso quelli che erano seduti [a tavola], avendo visto come sceglievano i primi posti, dicendo verso loro: «8Quando sei invitato da qualcuno alle nozze, non sederti al primo posto, affinché non ci sia uno più degno di te invitato da lui,9e venuto quello da te e avendo[ti] chiamato ti dica: dài a costui il posto, e allora comincerai con vergogna a prendere l’ultimo posto. Le parole di Gesù possono essere capite in molti modi. Il modo più semplice è quello morale: Gesù starebbe parlando di un atteggiamento di umiltà durante un banchetto, dove gli invitati si astengono dal mettersi in mostra. Forse però il banchetto non è solo un semplice banchetto per Gesù. Banchetto non è solo un luogo dove si va a mangiare o ad offrire un pasto ad una o più persone, è anche – o forse soprattutto – un luogo di comunione, di accordo, di cui Gesù ha già parlato in diverse occasioni.

                Nel brano distinguiamo due momenti: l’essere invitati e l’invitare. Il primo momento è costituito dal desiderio e dalla verità. Dopo essere stati invitati, il desiderio che prevale è il voler stare ai primi posti, che significa voler essere accreditati, riconosciuti davanti a tutti. Tutti desideriamo essere riconosciuti, accettati. La vergogna è una forma di disapprovazione sociale e, quindi, una forma di esclusione sociale.

10Ma quando sei chiamato, recatoti, mettiti all’ultimo posto, affinché quando sia giunto colui che chiama da te ti dica: amico, sali più avanti. Allora sarà a te gloria davanti a tutti i tuoi commensali. 11Poiché chiunque innalza se stesso sarà umiliato, e chi umilia se stesso sarà innalzato». Gesù dice che di fronte a una situazione relazionale, il nostro desiderio non dovrebbe prevalere sulla Verità che è vedere come noi siamo considerati; per capirlo dobbiamo metterci all’ultimo posto, lasciando agli altri la possibilità di lasciaci in quella posizione o di farci venire avanti, l’iniziativa non è nostra, è dell’altro.

                In termini di relazione, ciò significa non prendersi nulla che gli altri non vogliano darci. Mettersi all’ultimo posto significa restare nella relazione, presentarsi all’invito, ma lasciare all’altro la libertà di scegliere, significa dire: «Io sono qua, chi sono per te?» Gesù è l’umile per eccellenza, è colui che propone ma mai impone, è colui che si mette sempre per ultimo e aspetta che qualcuno possa applicare liberamente quello che Egli insegna. E se questo non accade Gesù può fare poco. Può sedersi a tavola anche dove non c’è comunione, ma se l’altro non apre la porta della comunione lui non può fare nulla.

                12Diceva anche a chi aveva chiamato lui: «Quando fai pranzo o cena, non chiamare i tuoi amici né i tuoi parenti né vicini ricchi, cosicché anche essi ricambino a te e avvenga per te contraccambio.  13Ma quando fai un banchetto, chiama poveri, storpi, zoppi, ciechi, 14e sarai beato poiché non hanno da ricambiarti, sarà ricambiato infatti a te nella risurrezione dei giusti». Il secondo momento, quello dell’invitare, afferisce ad un criterio relazionale che non può essere semplicemente offrire del pane a chi ha fame. Gesù sta dicendo che la nostra azione non deve avere interesse di contraccambio. Quella della compravendita (do ut des) è una modalità prettamente terrena. Il dono invece (offerta senza aspettativa di contraccambio materiale e/o commerciale) è una modalità celeste. Per cui la compravendita non può essere una logica comunionale, la comunione avviene necessariamente nella logica del dono.

Il Regno dei cieli è qui, la comunione si comincia a costruire faticosamente con i limiti, le fatiche, le imperfezioni, i tradimenti ma si comincia a costruire qui, con tutte le fragilità umane, ed ha un pieno compimento dall’altra parte (dopo la morte terrena). La logica della compravendita e del dono producono già sulla terra effetti terrestri e celesti. La logica del dono non esclude certamente gli amici, ma si deve aprire anche verso chi non è nei nostri paraggi.

Gesù capisce che il banchetto è un luogo dove si intreccia anche la dimensione dell’interesse umano, ma esso è anche quello in cui Gesù fa la cosa più preziosa della sua esistenza: l’Istituzione dell’Eucaristia, e accetta che il banchetto sia nella natura delle cose, strumentalizzato anche per le funzioni umane. Gesù invita a ripristinare la natura profonda del banchetto, della comunione. Il pasto, tra le altre cose, per Israele ha una dimensione di sacralità.

La dimensione di comunione è precedente tutte le altre e nella misura in cui noi adottiamo un sistema piuttosto che un altro, preferiamo la comunione o le nostre occupazioni (che possono diventare poi pre-occupazioni). Non è, quindi, solo una questione morale.

Gesù ci invita a fare in modo che il desiderio venga dagli altri, a non mettere mano alle relazioni, ad accettare le relazioni, facendo in modo che la nostra vita sia costruttrice e promotrice di relazioni autentiche e non di scambi commerciali. Possiamo chiederci quanto desideriamo questa comunione?

Il Vangelo è molto esigente dal punto di vista delle relazioni. Chiedendo la costruzione di relazioni profonde non si accontenta della mediocrità. Questo gioca sempre sulla nostra libertà.

  • Alcune domande per riflettere
  • In tutti ruggisce la tentazione di voler essere considerati e spesso di voler essere più considerati negli altri. Come penso alla possibilità che ci sia un altro che sia più degno di me? Accetto il “verdetto” degli altri o tendo a prendermi da solo la “giusta” considerazione che “merito”?
  • Gratuità e scambio sono due modalità che afferiscono al nostro modo di vivere e che hanno a che fare con due realtà: cielo e terra. È scambio tutto ciò che è terrestre. È gratuità la pienezza della libertà, che ha a che fare col cielo. Quali di queste dimensioni prevale nelle mie azioni? Sono “terrestre” o “celeste”? Quali frutti mi aspetto dalle mie compravendite? Come considero lontano il modo di fare celeste?
  • Le parabole di Gesù vertono entrambe sul banchetto, segno di comunione con Dio e con gli uomini. Quanto antepongo le mie occupazioni a questa comunione? Quanto i miei modi di vivere (dono/compravendita) sono improntati ad essa?