67) Lc 13,18-30 – 17/11/21

  1. Il testo

18Disse dunque: «A cosa è simile il regno di Dio e a cosa lo assomiglierò? Simile è a un granello di senapa, che un uomo, dopo aver preso, ha gettato nel suo giardino, e si è moltiplicato ed è divenuto un albero e gli uccelli del cielo hanno fatto la tenda sui suoi rami».

20E di nuovo disse: «A cosa assomiglierò il Regno di Dio? 21simile è al lievito, che una donna, dopo aver preso, nascose a tre misure di farina finché non sia tutta lievitata».

22E passava attraverso città e villaggi insegnando e facendo cammino verso Gerusalemme. 23Disse a lui un tale: «Signore sono pochi quelli che si salvano?». Quegli rispose: 24«Combattete per entrare attraverso la porta stretta, poiché molti – vi dico – cercheranno di entrare e non ne avranno forza. 25Quando si sarà alzato il padrone di casa e chiuderà la porta e comincerete a stare fuori e a bussare alla porta dicendo: “Signore aprici!”, [allora] rispondendo [egli] dirà a voi: “Non conosco voi di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato davanti a te e bevuto e hai insegnato nelle nostre piazze”. E allora dirà dicendo: “Non so [voi] di dove siete. Allontanatevi da me tutti [voi] operatori di ingiustizia. Lì sarà il pianto e lo stridore dei denti, quando vedrete Abramo e Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel Regno di Dio, mentre voi gettati fuori. 29E verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da meridione e saranno seduti [a mensa] nel Regno di Dio. 30Ed ecco ci saranno ultimi che saranno primi e ci saranno primi che saranno ultimi».

  • Il messaggio

                18Disse dunque: «A cosa è simile il regno di Dio e a cosa lo assomiglierò? Simile è a un granello di senapa, che un uomo, dopo aver preso, ha gettato nel suo giardino, e si è moltiplicato ed è divenuto un albero e gli uccelli del cielo hanno fatto la tenda sui suoi rami». Sembra che Gesù stia continuando il discorso sul Regno di Dio che aveva cominciato all’inizio del cap. 12, quando parlava delle esigenze del Regno, le quali sono molto particolari e superano, addirittura, le esigenze basilari dell’esistenza umana (il mangiare e il vestirsi) e che avevano suscitato la domanda di Pietro (Lc 12, 41: «Signore verso di noi questa parola dici o anche verso tutti?»).Nell’ottica di questa continuazione, Gesù utilizza due similitudini[1]:

  1. granello di senapa:
  2. il lievito.

Nella prima similitudine il verbo moltiplicare non è proprio adatto ad un seme, il quale non si moltiplica in natura. Il verbo greco utilizzato nel testo originale è auxano (“incrementare”, “crescere”) e fa riferimento al comando di Dio; ricordiamo ad esempio Genesi 9 «crescete e moltiplicatevi», che è rivolto all’uomo. Il Regno di Dio che si moltiplica ha molto a che fare con la moltiplicazione che è nella relazione degli uomini tra loro. Non si può infatti considerare il Regno di Dio come una realtà a sé stante, che non ha nulla a che vedere con l’uomo, perché il Regno di Dio nidifica, mette la tenda tra gli alberi e questa immagine riguarda chiaramente Dio ed ha a che fare con l’uomo[2].

420E di nuovo disse: «A cosa assomiglierò il Regno di Dio? 21simile è al lievito, che una donna, dopo aver preso, nascose a tre misure di farina finché non sia tutta lievitata». Questa seconda similitudine ha a che fare con un modo: il lievito è nascosto.  E’ una simbologia molto importante perché significa che non si vede ma c’è e diventa tutta pasta (fatta di farina e lievito). Il Regno di Dio è nascosto, non è un modo eclatante, ma un modo “porta a porta” che appartiene ad una relazione a tu per tu, e molto meno ai grandi discorsi o alle grandi manifestazioni.

Questo paragone vuole essere una forma di rincuoramento, se guardiamo ai brani precedenti (si pensi alla disillusione di Gesù quando parla dell’albero che non da frutto da tre anni e rischia di essere tagliato o quando parla della responsabilizzazione del servo) Gesù sembra rispondere alla mancata risposta immediata dell’uomo di fronte alla presenza di Dio, un uomo che si ritira sempre un po’ come prima reazione. Ma Gesù spiega che il Regno di Dio cresce lentamente, in maniera invisibile.

22E passava attraverso città e villaggi insegnando e facendo cammino verso Gerusalemme. 23Disse a lui un tale: «Signore sono pochi quelli che si salvano?». Quegli rispose: 24«Combattete per entrare attraverso la porta stretta, poiché molti – vi dico – cercheranno di entrare e non ne avranno forza. La risposta rincuorante di Gesù non deve tuttavia farci perdere di vista il punto principale del brano, e cioè «sforzatevi di entrare per la porta stretta». Il termine usato nel brano è agonizeste (combattete), con un riferimento al combattimento finale, quello più importante. Bisogna quindi imparare a combattere per entrare nella porta stretta. Ma contro chi? Contro noi stessi, perchè dentro di noi c’è la tendenza a scansare il Regno di Dio, Gesù, per fare la nostra volontà. E per tale ragione, talvolta bisogna farsi violenza (appunto combattere un agone), perché se seguiamo alla lettera i nostri pensieri, la nostra natura, se non ci diciamo mai no, se non rinneghiamo mai noi stessi e seguiamo esattamente la nostra volontà, scopriamo che questa ci porta al male. È la logica della coversione.

Non possiamo seguire noi stessi, neanche quando siamo convinti di essere nel giusto (ammesso che lo siamo veramente), perché non ci teniamo in piedi da soli ma è Gesù a reggerci.  Gesù poi aggiunge che molti non ne avranno la forza o non useranno tutta la forza che hanno.

               25Quando si sarà alzato il padrone di casa e chiuderà la porta e comincerete a stare fuori e a bussare alla porta dicendo: “Signore aprici!”, [allora] rispondendo [egli] dirà a voi: “Non conosco voi di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato davanti a te e bevuto e hai insegnato nelle nostre piazze”. E allora dirà dicendo: “Non so [voi] di dove siete. Allontanatevi da me tutti [voi] operatori di ingiustizia. Lì sarà il pianto e lo stridore dei denti, quando vedrete Abramo e Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel Regno di Dio, mentre voi gettati fuori. L’immagine del banchetto, è l’immagine della promessa di Gesù, dell’eredità di Dio, entrare nel banchetto significa entrare nel Regno di Dio.

Le parole  «Ho mangiato con te, ho ascoltato la tua parola» si riferisce, volendo attualizzare, al fatto che noi andiamo a messa, frequentiamo la lectio e pensiamo di essere salvo ma scopriamo che lo siamo. A queste parole Gesù aggiunge: «Non so di dove siete»: la provenienza è indice di conoscenza.

Tutto questo ha a che fare con il rapporto con Dio e significa che noi possiamo partecipare al banchetto senza partecipare al banchetto, ovvero possiamo partecipare alla messa, all’ascolto della parola senza ascoltare la parola. Talvolta i nostri gesti, che hanno ritualità, non hanno un’anima. Il padrone di casa dice di non conoscere siffatte persone perchè costoro che rivendicano di essere stati alla sua presenza non hanno smesso di operare iniquità, ovvero non hanno cambiato il loro atteggiamento. Perciò, non basta andare a messa o ascoltare la Parola, è necessario modificare il proprio atteggiamento: chi commette ingiustizia non ha Dio nel cuore. Lo «stridore di denti» può essere che  il rimpianto.

 29E verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da meridione e saranno seduti [a mensa] nel Regno di Dio. 30Ed ecco ci saranno ultimi che saranno primi e ci saranno primi che saranno ultimi».I  Patriarchi e I Profeti  entrano nella promessa e chi pensava di entrare nel Regno con loro, non potrà farlo. Eppure altri vi prendono parte: questo implica il rovesciamento di ciò che si pensava dovesse succedere.  L’ultima parte riguarda proprio il rovesciamento delle nostre aspettative, e richiama la necessità di uno sforzo totale, perchè quello parziale produce una realtà superficiale, in cui noi riteniamo, erroneamente, per una prassi consolidata, di appartenere al gregge eletto.

  • Alcune domande per riflettere
  • Il Regno di Dio è una realtà che si moltiplica nell’atto di incarnarla nella propria vita. Come penso di dover vivere la testimonianza cristiana nella società? Quanto la affido ai social, o a discorsi, o alla liturgia? E quanto è incarnata nelle mie scelte, anche quelle che non dico?
  • Per entrare nella porta stretta bisogna combattere con forza. Quanta forza metto nel combattimento interiore per abbracciare il vangelo? Quanto invece è un elemento superficiale/periferico della mia esistenza?
  • L’ascolto della parola, l’eucarestia, la preghiera possono essere momenti di partecipazione convenzionale a riti. Cosa faccio per renderli incontro autentico con Gesù? Come cambiano la mia settimana? Quanto penso che essi mi rendono vicino al Signore? E quanto io lo sono realmente?

[1] Il verbo assomigliare, che Gesù utilizza, ha la stessa radice di “assomiglianza” che ha la stessa radice dell’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio, quindi il tentativo è di rendere un’uniformità semantica anche nel verbo.

[2] La festa di Sukkoth ( festa delle capanne), durante la quale gli Israeliti dormono nelle tende, ricorda la permanenza degli ebrei nel deserto, dopo la liberazione dalla schiavitù d’Egitto, durante la quale abitarono in dimore precarie, accompagnati però sempre da nubi di gloria. Inoltre, l’Evangelista Giovanni nel suo prologo (Gv 1, 14) scrive: «Il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi», letteralmente “ pose la tenda in mezzo a noi”.