54) Lc 11,  5-13 – 12/05/21

  1. Il Testo

5E disse verso di loro: «[Se] uno tra voi ha un amico e viene da lui a mezza notte e gli dice: “Amico, prestami tre pani, 6poiché un mio amico è giunto presso di me da un viaggio e non ho da porgergli [niente]”. 7E quello da dentro rispondendo dice: “Non mi procurare fastidi, poiché la porta è stata chiusa e i miei bambini sono con me nel letto”. 8Dico a voi, se anche non li darà a lui essendosi alzato per il fatto che è suo amico, per la sua sfrontatezza, alzatosi, darà a lui quanto ha bisogno.9E io vi dico, chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Chiunque infatti chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi [al quale] un figlio gli chiede un pesce, al posto del pesce gli darà una serpe? 12o anche [se] gli chiederà un uovo gli darà uno scorpione? 13Se dunque voi che siete cattivi sapete dare doni buoni ai vostri figli, quanto piuttosto il padre che è dai cieli darà lo Spirito Santo a coloro che lo chiedono».

  1. Il messaggio

Possiamo partire da un’affermazione di San Pio: «Io sapevo che se chiedevo con tutto il cuore ottenevo, Dio mi esaudiva». Nella richiesta è sempre coinvolto il rapporto che noi abbiamo con Dio, che non è mai strumentale (quando è strumentale non funziona più). La Parola di Dio deve metterci in discussione, quando noi riscontriamo in Essa qualcosa che non ci piace siamo noi a dover cambiare, non la Parola. Il modo con il quale ci rapportiamo alla preghiera afferisce alla nostra fede.

Il brano si compone di due grandi similitudini: la prima riguarda il modo con cui si prega, la seconda è inerente al contenuto della preghiera, sono due cose che vanno insieme (l’esempio dell’amico e quello del padre). Gesù utilizza due similitudini diverse per dire due cose differenti.

5E disse verso di loro: «[Se] uno tra voi ha un amico e viene da lui a mezza notte e gli dice: “Amico, prestami tre pani, 6poiché un mio amico è giunto presso di me da un viaggio e non ho da porgergli [niente]”. 7E quello da dentro rispondendo dice: “Non mi procurare fastidi, poiché la porta è stata chiusa e i miei bambini sono con me nel letto”. 8Dico a voi, se anche non li darà a lui essendosi alzato per il fatto che è suo amico, per la sua sfrontatezza, alzatosi, darà a lui quanto ha bisogno. Si tratta della prosecuzione del Padre Nostro. La richiesta presa come esempio è esigente, i tre pani servono perché un altro amico è giunto da un viaggio e non ha niente. Ci sono tre amici legati da un’interessante relazione di amicizia: il primo chiede ospitalità, il secondo, in virtù di questa amicizia, si muove e va a chiedere aiuto ad un terzo amico. L’oggetto della richiesta è una necessità, un bisogno, qualcosa che che manca. Possiamo chiederci: quali sono le cose di cui abbiamo bisogno? Che cosa muove un bisogno, una carenza, una mancanza? La preghiera è sempre l’espressione di una mancanza. Si prega perché ci si scopre mancanti in qualcosa, preghiamo perché scopriamo il nostro limite, realizziamo che non abbiamo tutto ciò che vorremmo, non siamo autosufficienti. Pregare per diventare autosufficienti non avrebbe senso, sarebbe contro il Padre Nostro. Possiamo chiederci se la nostra preghiera ha la pretesa di non avere bisogno del bisogno, quindi di Dio: una persona che non ha bisogno di Dio non sta veramente pregando, in tal modo Dio viene ridotto semplicemente a qualcuno che deve soddisfare delle necessità. Quali sono i nostri bisogni? Ne siamo consapevoli?

Un altro aspetto di questi versetti riguarda l’amicizia che si connota in due modi diversi, perché la necessità ci fa scoprire chi è amico e chi no. Ci sono due persone che bussano a mezzanotte, la persona che riceve l’amico si alza, quello che invece sta a letto con i suoi bambini non si alza. C’è dunque la manifestazione di una necessità e si configura una catena che paradossalmente pone gli amici nella stessa situazione, uno si alza a ricevere l’amico, l’altro no. La necessità mette in luce la qualità del rapporto. Nel secondo caso non vale la pena alzarsi per l’amico, sconvolgere l’ordine e l’intimità familiare, l’amicizia ha un limite e non è allo stesso livello dell’intimità, costituisce un disturbo. Gesù però dice che colui che richiede continua a perseverare nell’insistere. Quando una persona ci dice di non importunarla, la nostra reazione è di andar via in quanto respinti ed offesi, Gesù chiede di continuare in questo caso ad insistere. L’amicizia di questa persona è così forte che accetta una mortificazione dall’amico che non si vuole alzare ed insiste fino a quando non gli dà fastidio con lo scopo di dare i pani all’altro amico. Chi è andato a chiedere, per amicizia non soltanto si è alzato e lo ha accolto, è andato a bussare da un altro, ma ha anche continuato ad insistere (oggi chiameremmo questo aspetto resilienza). Una tale ostinazione nel chiedere nasce dall’amicizia con la persona affamata, è presente in qualche modo una forza, una resistenza rispetto agli ostacoli. Gesù aggiunge: «Chiedete, cercate, bussate, non smettete di chiedere, cercare e bussare». Possiamo chiederci: che cosa ci porta a continuare a chiedere? La sfrontatezza, l’essere senza vergogna, il non offendersi, il non ritirarsi dal rapporto. Gesù desidera che un apparente non esaudimento della richiesta non ci faccia recedere dal rapporto con Dio. Questa è la perseveranza, il continuare a chiedere, avere una fiducia di fondo. Una richiesta fatta con fede implica la certezza che Dio ci dirà di sì, che quello che chiediamo viene esaudito. Gesù al processo prima di essere crocifisso, alla domanda se sia re, risponde: «Se lo volessi, se lo chiedessi il Padre mi darebbe subito dodici legioni di angeli» (Mt 26, 53), ha la certezza che la Sua richiesta al Padre verrà esaudita. In tutti i miracoli Gesù chiede la fede, che non è solamente nell’onnipotenza di Dio (perché se così fosse avremmo un Dio-genio della lampada), ma nella qualità del rapporto che Gesù insegna nel Padre Nostro: la paternità e la figliolanza). Se non abbiamo questo rapporto la nostra richiesta verrà prima di tutto, e Dio conterà meno di ciò che chiediamo. Al contrario, Dio va amato sopra tutte le cose, con tutto il cuore. Questa è la conversione di cui abbiamo bisogno.

9E io vi dico, chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Chiunque infatti chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi [al quale] un figlio gli chiede un pesce, al posto del pesce gli darà una serpe? 12o anche [se] gli chiederà un uovo gli darà uno scorpione? 13Se dunque voi che siete cattivi sapete dare doni buoni ai vostri figli, quanto piuttosto il padre che è dai cieli darà lo Spirito Santo a coloro che lo chiedono» Il secondo esempio fatto da Gesù riguarda l’oggetto della richiesta. Le nostre richieste sono soggette al cambiamento dei nostri stati d’animo, delle nostre necessità, a tutto quello che nella nostra vita cambia, il nostro desiderio cambia col passare degli anni. C’è una progressiva crescita di consapevolezza, si comprende sempre più cosa ci è necessario per davvero. Durante l’infanzia desideriamo spesso delle cose molto futili, poi crescendo comprendiamo quali sono le cose essenziali. Quindi anche la richiesta ed il desiderio crescono. Dieci anni fa avevamo dei desideri che oggi non ci appartengono più. Questi desideri corrispondono alla necessità di cui si parla nella prima parabola. Questa è la prima cosa da considerare per non assolutizzare la richiesta ed il desiderio del presente, altrimenti la nostra volontà diventa Dio perché considereremmo erroneamente quello che vogliamo come la cosa di cui abbiamo assolutamente bisogno. Questa capacità di relativizzare aiuta molto a mettersi in relazione col Padre.

In questa seconda parte del brano, Gesù parla dell’oggetto della preghiera, della richiesta e lo fa esprimendosi con un’altra similitudine che non è più quella dell’amico ma del padre. Quale padre darebbe al figlio una cosa cattiva e pericolosa invece di una buona? Il serpente e lo scorpione sono animali mortali.  Gesù sta dicendo che il Padre dà ciò che è meglio in assoluto, lo Spirito, a coloro che Lo chiedono, non è detto che arrivi. Il cammino di preghiera è un cammino di trasformazione anche della domanda, bisogna cioè passare attraverso la comprensione che la necessità che abbiamo non è quello che noi vorremmo ricevere ma è quello che Dio ci vuole dare. Questa è un aspetto della fede. Dio è Padre e sa meglio di noi ciò che ci deve dare, ciò che è meglio per noi. A volte abbiamo la pretesa di sapere meglio di Lui ciò che è necessario nella nostra vita. Il rischio è di sostituirsi a Dio, qualora la nostra volontà diventi assoluta e svincolata. E’ come se dicessimo, pregando il Padre Nostro «sia fatta la mia volontà»: il contrario della fiducia. Prima di tutto, per chiedere e pregare veramente ci vuole una relazione filiale, altrimenti arrechiamo danno alla nostra vita ed a quelli che ci stanno intorno, perché il nostro io diventa Dio, anche degli altri. A questo punto subentra lo Spirito Santo che è il dono di Dio di se stesso. Lo Spirito è il modo in cui Dio ci trasforma e ci fa diventare suoi figli nel battesimo, è la presenza di Dio in noi e ancora una volta il concetto più importante è che Dio vuole darci tutto, cioè Se stesso. Immaginiamo che a casa nostra venga una persona e questa ci faccia un bel regalo perché ci vuole molto bene, immaginiamo di esserne entusiasti da chiuderci in un’altra stanza per giocarci lasciando l’altra persona da sola. Questa è una buona immagine del rapporto che noi abbiamo con Dio e con i doni che Lui ci fa: il dono più grande è la presenza del donatore altrimenti il regalo ricevuto risulta più gradito della persona che quindi finisce con l’essere disprezzata. Tutto questo ci parla della qualità del rapporto. Il discorso sulla preghiera che Gesù sta facendo, anche se in modi diversi, esprime la necessità di avere un rapporto filiale con Dio Padre. Egli ci esorta a non desistere e continuare a chiedere trattandolo come Padre che dona tutto se stesso. Quando abbiamo raggiunto un’amicizia profonda con Dio che ci vuole donare tutto, abbiamo raggiunto una consapevolezza che Dio è nostro padre ed è la cosa più importante che io possa avere. Noi che cosa Gli chiediamo? La Sua presenza. Vivere in Dio significa fare l’esperienza di questo. E’ come chi progetta un matrimonio: quando le due persone stanno insieme non hanno bisogno di nient’altro, hanno già tutto, la bellezza è il loro stare insieme. Il rapporto con Dio è quello a cui tutti siamo chiamati, l’amore di Dio sopra ogni cosa è tutto ciò che desideriamo anche se non lo sappiamo (è Lui a dircelo). Si cresce nel rapporto quando ci fidiamo. Tutto il discorso sulla preghiera si apre e si chiude con la fede.

Come faccio a sapere di che natura è la nostra fede? Leggiamo la Parola, troviamo una discrepanza, un limite e prendiamo consapevolezza dello stesso dando ragione a Dio. Se invece ammettiamo il nostro limite dando torto a Dio Gli stiamo sottraendo fiducia. La Parola ci richiede un vero e proprio esame di coscienza.

  • Le risonanze personali

vv. 5-13 Gesù continua a spiegare come pregare e lo fa con due esempi che mostrano:

– come chiedere noi;

– come dà il Padre.

Nei suoi paragoni Gesù prende degli esempi che riguardano l’aspetto relazionale. Nel primo caso, che mi ha colpita maggiormente Gesù ci insegna a farci bisognosi, a chiedere qualcosa, mettendoci in una situazione di necessità. Il bisogno mi rimanda al Padre Nostro, specialmente alla frase «Dacci oggi il nostro pane quotidiano». Sappiamo chiedere così, sappiamo essere consapevoli che siamo nel bisogno, che dipendiamo dal nostro amico e non siamo autosufficienti? Chi si pone in un atteggiamento di figliolanza non sarà mai deluso.

  • Alcune domande per riflettere
  • Che idea ho dell’amicizia? Cosa farei per un amico? Quanto disturbo vale il mio legame di amicizia con lui? Sarei capace di mortificarmi/umiliarmi per il bene di un amico?
  • Gesù ci chiede di chiedere, cercare, bussare sempre: per quali cose penso valga la pena non fermarsi davanti a niente e per quali invece posso recedere? Gesù tra quali realtà appartiene?
  • Quanto credo alla bontà di Dio? Quanto sono certo che egli esaudirà ciò che gli chiedo? Quanto sono pervicace nella richiesta e quanto arrendevole? E perché?
  • Quali cose chiedo a Dio con insistenza? Tra queste c’è lo Spirito Santo? In che priorità sta questa richiesta rispetto agli altri?
  • Penso qualche volta che le mie richieste a Dio possono essere effimere? Mi fido di più delle mie richieste o della sua bontà paterna?