53) Lc 11, 1-4 – 05/05/2021
- Il testo
1E avvenne nell’essere egli in un certo luogo a pregare, come ebbe finito, disse uno dei suoi discepoli verso di lui: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2Disse loro: «Quando pregate dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo Regno, 3il nostro pane quotidiano dà a noi ogni giorno,4e rimetti a noi i nostri peccati, e infatti li rimettiamo a ogni nostro debitore, e non ci introdurre nella tentazione».
- Il messaggio
1E avvenne nell’essere egli in un certo luogo a pregare, come ebbe finito, disse uno dei suoi discepoli verso di lui: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Gesù è in un certo luogo a pregare e non appena ha finito uno dei discepoli gli chiede di imparare a pregare. Il desiderio sorge nei discepoli dopo aver visto Gesù pregare.
Questa richiesta connota l’identità di chi prega, l’identità dei discepoli. Il pregare esprime la trasmissione di un modo di relazionarsi a Dio. Gesù quindi non insegna con le parole, ma lo fa prima con le sue azioni che sono più dirette, efficaci e penetranti delle parole. Egli fa riferimento alla trasmissione profonda di una prassi.
Ci sono elementi del nostro agire che danno testimonianza, che facciamo perché ci crediamo davvero? La testimonianza non è un dire qualcosa ad altri per convincerli della nostra idea, la testimonianza più efficace è quello che facciamo perchè ci crediamo. Quali sono quelle azioni che in quanto cristiani facciamo perchè ci crediamo, e che testimoniano anche quando noi non lo vogliamo fare? Gesù prega il padre, e il fatto stesso di pregare incuriosisce i discepoli. La richiesta dei discepoli è infatti indotta dal fatto che Gesù sta pregando. Il Suo modo di pregare è connotante della relazione di Gesù con Dio, è specifico, identitario.
2Disse loro: «Quando pregate dite. Questo verbo indica un insegnamento di come pregare, e dobbiamo comprenderlo più profondamente. Attraverso queste parole Gesù insegna un modo di rapportarsi con Dio: una relazione.
Padre, sia santificato il tuo nome Per Gesù Dio è Padre. Noi come ci rivolgiamo a Dio? Come una persona lontana? Come un Padre? Come una persona che risolve i problemi?
Successivamente Gesù esprime cinque richieste di cui quattro sono imperativi, di solito intesi/tradotti come una forma di richiesta, di implorazione: «dev’essere santificato il tuo nome», «deve venire il tuo regno», «devi darci il pane quotidiano», «devi rimetterci». L’imperativo è un comando e questo ci indica il modo, la qualità del rapporto, con chi ci si può permettere di parlare con l’imperativo? Che rapporto è quello di Gesù con il Padre?
Le prime due richieste esprimono la presenza di Dio. Sia santificato il tuo nome: che cos’è la santificazione del nome? Rendere santo il nome di Dio, ma il nome di Dio non è già santo? Possiamo rendere santo il nome di Dio? La formula non afferisce a ciò che Lui deve fare ma a ciò che noi possiamo fare per santificare il Suo nome. Analogo il senso della formula venga il tuo regno: il Regno di Dio è arrivato, ma noi preghiamo che deve venire. Queste sono richieste di una presenza, sono una risposta: preghiamo per la nostra risposta al Padre e al Regno, preghiamo per amare e onorare Dio, per santificare il suo nome e per accogliere il regno. Dio infatti non può imporre il suo regno dentro di noi, quindi con questa preghiera stiamo chiedendo che vogliamo il suo Regno dentro di noi, rispondiamo con il nostro sì e preghiamo anche che questo accada anche per gli altri.
La stessa cosa si verifica con: il nostro pane quotidiano dà a noi ogni giorno. Con il termine «Quotidiano» si indica un pane bastante per un solo giorno, con questa preghiera noi chiediamo non solo che il Signore ci dia una razione di pane giornaliera, che basta per un solo giorno soltanto, chiediamo inoltre che ce la dia tutti i giorni. Questo significa che stiamo chiedendo una continuità nel rapporto di fiducia con Lui. Preghiamo per questa dipendenza dal Padre, la richiesta è di pregarLo tutti i giorni per il pane quotidiano. Il rapporto è continuo. Possiamo chiederci: è più importante il pane o il fatto che glielo vogliamo chiedere tutti i giorni? Il pane diventa uno strumento per poter interagire con Dio. Il desiderio è quello pregare il Padre tutti i giorni ed ogni giorno ricevere ciò che serve, certi di ottenerlo, il pane è ciò che serve per alimentare la nostra relazione con Lui. Chiedere e ricevere è la dinamica della relazione, il pane serve per dire al Signore «voglio stare con te» per questo il pane è necessario.
L’ultima parte riguarda il peccato, la tentazione: 4e rimetti a noi i nostri peccati, e infatti li rimettiamo a ogni nostro debitore, e non ci introdurre nella tentazione.Il peccato è un debito, e noi siamo debitori di Dio; il peccato sottrae qualcosa a Dio, in termini di mancanza delle cose suddette, quando cioè non santifichiamo il Suo nome, non pensiamo al suo regno e quando il pane non lo vediamo come uno strumento per entrare in relazione con Dio ma come qualcosa che serve per noi soli. Il termine eisféro, «portare dentro», significa «introdurre». La tentazione è la prova della nostra fede. Questa preghiera significa riconoscere la propria debolezza, è come se stessimo dicendo a Dio «non ci portare nella tentazione perché sicuramente cadiamo». L’immagine è quella di una persona che ha timore di perdere il rapporto con Dio. Preghiamo che non ci sia nulla che ci separi da Dio: anche peccato e tentazione esprimono una relazione.
Queste parole dette da Gesù hanno una fisionomia, dipingono:
- un rapporto di paternità che chiede la presenza di Dio nella nostra vita (santificazione del Suo nome, avvento del Suo Regno);
- chiede che anche le necessità materiali diventino espressione di questa relazione;
- chiede, con decisione determinazione e pretesa di figlio, che niente possa rompere questo rapporto.
Il Padre Nostro esprime il desiderio di essere in continua amicizia con Dio.
- Le risonanze personali
vv. 1-4 Nella preghiera ho visto molto di una collaborazione che viene chiesta da Dio agli uomini. Infatti, la presenza della seconda persona singolare mi fa pensare ad un rapporto diretto verso di Lui, in cui Lui sia al centro, ma le parole «anche noi infatti perdoniamo» mi hanno fatto pensare che Dio da noi vuole una certa cooperazione, nell’essere misericordiosi. La preghiera riguardo alla tentazione mi ha portato alla mente le parole di Gesù nell’orto degli Ulivi, quando chiede al Padre che il calice della Passione gli sia evitato; Gesù però si sottomette sempre alla volontà del Padre.
- Alcune domande per riflettere
- Ho desiderio di pregare? Cosa mi suscita questo desiderio?
- Testimoniare non è solo parlare o spiegare. È invece principalmente un agire, un fare qualcosa perché ci si crede e non per mostrarla agli altri: quali sono quelle prassi che connotano il mio essere cristiano? Credo in ciò che faccio?
- Che rapporto ho con Dio? Come io mi relaziono a Lui e come penso che Lui consideri me?
- La richiesta del pane quotidiano sottende un rapporto di fiducia che si rinnova ogni giorno: è più importante per me questo rapporto e la sua crescita oppure l’oggetto materiale della mia richiesta?
- Peccato e tentazione sono gli ostacoli che ci separano da Dio e dal prossimo. Quanto siamo consapevoli della loro presenza nella nostra vita? Quanto li temiamo e quanto li sottovalutiamo?