31) Lc 7,11-17 – 18/10/2020

1. Il testo 

                11E avvenne in seguito che si recò in un città chiamata Nain e si recavano con lui i suoi discepoli e molta folla. 12Come si avvicinò alla porta della città, ed ecco portavano fuori un morto, figlio unico di sua madre. Ed ella era vedova, e una folla considerevole della città era con lei. 13 E vedendola il signore ebbe compassione di lei e le disse: «Non piangere». 14E avvicinatosi toccò la bara, i portatori si fermarono e disse: «Giovanetto, dico a te, alzati». 15E si levò a sedere il morto e cominciò a parlare ed [egli] lo diede a sua madre. 16Paura prese tutti e glorificavano il Dio dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi». 17E uscì questa parola riguardo a lui in tutta la Giudea e in tutto il circondario.

2. Il messaggio

                Il primo versetto di questo brano ci indica lo spostamento di Gesù nella città di Nain, seguito dai suoi discepoli e da molta folla: 11E avvenne in seguito che si recò in un città chiamata Nain e si recavano con lui i suoi discepoli e molta folla. E’ importante notare che il verbo “recarsi”, poreuein, è lo stesso che viene utilizzato sia per Gesù, che per quelli che camminano con lui.D’altra parte, il punto di incontro delle folle inteso come limite è la città ma nei suoi confini: 12Come si avvicinò alla porta della città…Oltre a questo, c’è un altro movimento costituito da una folla che cammina verso fuori: 12…ed ecco portavano fuori un morto…Il portare fuori (ekkomizo) è un verbo che può essere utilizzato per seppellire, ma qui sta ad indicare che queste persone stanno camminando fuori.

                Quelle che vengono presentate sono due “processioni”, le quali hanno una caratteristica molto precisa: in una processione c’è a capo Gesù, in un’altra processione c’è a capo un morto e rispettivamente dietro di loro camminano tutti gli altri. Questo passaggio è molto importante perché nel movimento che avviene, c’è un momento nel quale Gesù incontra l’altra processione, e in seguito a questo succede qualcosa.

                Subito dopo, c’è una descrizione della seconda processione, che accompagna il 12…figlio unico di sua madre. Ed ella era vedova: questo rappresenta il caso peggiore per una donna in Israele: in una società a stampo patriarcale, infatti, la figura dell’uomo è la figura rappresentativa all’interno della società. Una donna che non ha più il marito e nessun figlio è una donna che non ha alcuna rappresentanza all’interno della società. Oltre alla dimensione del dolore per la donna, si aggiunge anche quella di essere parte dell’ultima categoria, quella più disagiata in Israele, le vedove. Infatti, le vedove e gli orfani sono in assoluto le categorie più disagiate d’Israele, e dunque quelle alle quali Gesù chiede al popolo di farsi prossimo.

                Il motivo per cui 12una folla considerevole della città era con lei rappresenta dunque una forma di compassione del dolore, una vicinanza nel compatire e condividere il dolore insieme alla donna.

                Nel momento in cui si incontrano queste due processioni, Gesù vede il dolore di questa donna e non è attirato dalla bara, che potrebbe essere l’elemento alla vista più evidente: 13 E vedendola il signore ebbe compassione di lei e le disse: «Non piangere». E’ rilevante come, in questo cammino, ciò che spicca di più agli occhi di Gesù è il dolore di questa donna in quanto agli occhi di Dio ha valore innanzitutto la nostra sofferenza.Ci viene quindi detto che Gesù ha compassione di lei: il verbo che viene utilizzato (splagchnizein) è una sorta di movimento di viscere, un movimento interiore che prende Gesù nella sua umanità, e che viene spesso nella Bibbia descritto con le parole «e le mie viscere si commuovono per te». Le parole «non piangere», indicano ancora una volta che Gesù è preoccupato del dolore della sofferenza di questa donna, che è al centro di tutto. Non notiamo nessuna richiesta da parte della donna e nemmeno Gesù fa alcuna richiesta di fede alla donna. Il movimento che precede tutto è la compassione di Gesù nei confronti del suo dolore, che è centro e priorità rispetto a tutto il resto.

                A questo punto, Gesù 14avvicinatosi, toccò la bara: questo gesto rappresenta il momento di inversione della processione di morte. Fino a questo momento infatti stanno camminando uno verso l’altro, ed è Gesù che guarda la donna, le dice di non piangere e dopodiché ferma la processione.Il movimento che Gesù fa nel toccare la bara e  bloccarla è un movimento che blocca la morte, fermando tutto.

                Gesù dunque guarda primariamente al dolore della donna, dopo ferma il senso di morte e tratta il giovanetto come un vivo dicendogli di sollevarsi dandogli del tu, in un dialogo diretto con lui. Il giovanetto si alza a sedere e comincia a parlare. Anche questo è un segno di vita: non è semplicemente un sollevarsi, in quanto questo giovanetto ricomincia a parlare ed Egli lo da sua madre: 15E si levò a sedere il morto e cominciò a parlare ed [egli] lo diede a sua madre. Quest’ultima è un’immagine molto significativa in quanto sembrerebbe che Gesù prende il giovanetto e glielo dà in braccio. Il significato di questo gesto sta a dire che nessuno di noi può dare qualcosa che non possiede, e quindi da questo punto di vista, tutto ciò che accade, ovvero la vita come la morte, è nelle mani del Signore ed è Lui che restituisce ciò che toglie e ciò che dà.

                Nel versetto successivo la paura si lega sempre alla dimensione della vita (come abbiamo visto nel Vangelo di Luca): 16Paura prese tutti e glorificavano il Dio dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi». La paura è espressione di aver fatto esperienza di Dio (richiama Genesi 3, nel momento in cui l’uomo cammina e si accorge che ha paura di Dio). La paura dunque è segno di aver fatto esperienza della presenza di Dio, che genera una sorta di un Timor di Dio.

                Da qui il glorificare Dio, che deriva dal riconoscimento di Gesù come profeta. Anche l’aggettivazione di «grande profeta» può richiamare alla figura di Mosè, che è compatibile con la figura del Messia. Quello di «grande profeta» è il titolo più alto che fino ad ora viene dato a Gesù.

                Riguardo all’ultimo versetto: 17E uscì questa parola riguardo a lui in tutta la Giudea e in tutto il circondario, si può dire che ciò che viene diffuso è una parola su Gesù. Ovvero ciò che hanno riportato di Lui: l’essere un grande profeta.

                In definitiva, questo brano ci racconta del movimento che appartiene all’incontro con le grandi processioni di morte e di vita. Gesù compie quello che farebbe con ognuno di noi: trasforma una processione di morte in una processione di vita, invertendo il senso di marcia delle cose. Gesù, mediante la Sua compassione, trasforma una situazione di lutto in un momento di vita. Nel momento in cui Gesù tocca la bara, si ferma la morte e la Sua parola permette l’inversione del movimento di morte.

                Una domanda che potremmo porci è se noi abbiamo mai riconosciuto nella nostra vita un momento nel quale non siamo stati noi a cercare Gesù ma, nel momento in cui la nostra vita andava in una direzione di morte, Gesù ha trasformato questo movimento in un movimento di vita. Quando c’è una richiesta da parte nostra c’è una consapevolezza diversa. Siamo sicuri che diverse cose della nostra vita non siano accadute senza che noi le avessimo programmate? Ci siamo mai accorti di momenti in cui Gesù è intervenuto nella nostra vita senza averlo interpellato? E se questo è accaduto, ha provocato in noi “il parlare del giovinetto”? In altre parole: questo riconoscimento è diventato per noi un annuncio di Cristo oppure è rimasta una cosa scontata o una cosa che abbiamo letto soltanto dal punto di vista umano senza leggerlo alla luce del nostro rapporto con Dio? Quante volte il Signore ci ha fatto grazia, eliminando ostacoli senza che noi ce ne siamo accorti? Ci siamo sempre accorti di qualcosa che avevamo perso e che Lui ci ha restituito o lo abbiamo dato per scontato? La Fede di cui si parla nel brano è la capacità di riconoscere l’azione di Dio non richiesta all’interno della nostra vita, che va quindi raccontata, tematizzata e testimoniata.

3. Le risonanze personali

                vv. 11-17 Gesù si reca in un’altra città Nain ,e con lui ci sono i discepoli e molta folla. Il fatto che ci sia molta folla realizza il fatto dell’ascolto, ci sono persone a seguire Gesù in città in città. Arrivando alle porte della città si trova davanti un’altra folla che trasporta un morto. Il morto è un figlio di una vedova, quindi una donna che ormai ha perso tutto ed è affranta al suo dolore. Gesù prova compassione per questa donna e comprende il suo dolore, toccando il figlio lo fa risuscitare e lo consegna alla madre. La folla testimone di questo miracolo fa esperienza della gloria di Dio e proclama Gesù come profeta di Dio. Il brano ci mostra come Gesù trasforma la vita da una prospettiva di morte ad una nuova prospettiva di vita vera, di luce. Gesù guarda nel nostro intimo, non per giudicarci ma per guidarci verso una nuova direzione, ma questo si può comprendere solo dopo aver preso coscienza che dobbiamo affidarci e avere fiducia e fede in Lui.