Lc 4, 38-44 08/04/2020

1. Il testo

                38Alzatosi dalla sinagoga, entrò nella casa di Simone. [La] suocera di Simone era con una grande febbre e gli chiesero riguardo a lei. 39E chinatosi su di lei rimproverò la febbre ed [essa] la lasciò. Immediatamente alzatasi li serviva. 40Calato il sole tutti quanti avevano infermi con varie malattie li conducevano da lui. Egli ad ognuno di loro imposte le mani li curava. 41Uscirono anche demoni da molti urlando e dicendo: «Tu sei il figlio di Dio». E rimproveratili non permetteva loro di parlare poiché sapevano che era il Cristo. 42Divenuto giorno, uscendo si recò in un luogo deserto e le folle lo cercavano e giunsero fino a lui e lo bloccavano per non andare via da loro. 43Egli disse verso di loro: «è necessario che io evangelizzi il Regno di Dio anche ad altre città, poiché per questo sono stato mandato». 44E andava annunciando nelle sinagoghe della Giudea.

2. Il messaggio

38Alzatosi dalla sinagoga, entrò nella casa di Simone. [La] suocera di Simone era con una grande febbre e gli chiesero riguardo a lei. 39E chinatosi su di lei rimproverò la febbre ed [essa] la lasciò. Immediatamente alzatasi li serviva. Il brano trova pieno senso come prosecuzione del momento precedente e presenta gli stessi tratti che permettono l’azione di Gesù nella sinagoga. Cioè un’accoglienza che qui diventa ancora più feconda (la dimensione dell’accoglienza è omessa e sottintesa, l’evangelista ci dice semplicemente che Gesù entra nella casa di Simone).

Gesù si imbatte in una situazione particolare incontrando un male, la febbre, che non è spirituale ma fisico; è la prima volta che a Gesù viene chiesto qualcosa, nella sinagoga Gesù predica e reagisce ad una protesta. Il verbo erotao può significare sia chiedere che pregare (alcune traduzioni riportano infatti «e lo pregarono riguardo a lei»). Gesù si china su di lei, rimprovera la febbre ed essa la lascia, la dinamica è la stessa dell’esorcismo; in più, viene aggiunto il gesto del chinarsi che indica una dimensione di corporeità. Gesù sta rimproverando la febbre allo stesso modo con cui ha rimproverato lo spirito impuro perché anch’essa è un male, così come la possessione diabolica (la prima riguarda una corporeità, la seconda una dimensione interiore). Gesù ammonisce il male che mina l’uomo. È un tratto in piena continuità con l’annunzio dell’anno propizio del Signore che Gesù aveva cominciato a proclamare all’inizio della sua predicazione a Nazareth.

Tale azione di Gesù comporta quasi una personificazione del male che esce dall’uomo: così come lo spirito impuro, anche la febbre esce dalla suocera di Simone e accade che «immediatamente, alzatasi li serviva». Ciò sembrerebbe quasi suggerire che la febbre costituisce un ostacolo, rimuovendo il quale l’uomo serve con le proprie disposizioni. Questo è un insegnamento che riguarda la nostra dimensione cristiana: da un lato il male impedisce il servizio, dall’altro chiunque abbia ricevuto una liberazione da Gesù ha poi il compito di mettersi al servizio. Viene in mente il proemio del Vangelo di Luca (Lc 1: «Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero servitori della Parola»), ritorna infatti la dimensione del servizio: chiunque ha fatto esperienza della Parola deve mettersi al servizio di Essa. Questo concetto si ritrova inoltre in tutti i personaggi i quali sono toccati dalla Parola ed hanno un ruolo nei confronti degli altri. Possiamo chiederci: chi non si mette al servizio ha veramente fatto esperienza di questa Parola pur avendola ascoltata?

                40Calato il sole tutti quanti avevano infermi con varie malattie li conducevano da lui. Egli ad ognuno di loro imposte le mani li curava. 41Uscirono anche demoni da molti urlando e dicendo: «Tu sei il figlio di Dio». E rimproveratili non permetteva loro di parlare poiché sapevano che era il Cristo. Nella seconda parte del brano ormai la persona di Gesù è famosa e quello che è accaduto nella prima parte (cioè la richiesta) si amplifica, le richieste che giungono a Gesù diventano tante, ci sono varie infermità che Gli vengono presentate e Gesù continua ad esercitare la propria attività di terapeuta con l’imposizione delle mani, una delle azioni tipiche di Gesù, della sua capacità di guarire. Questo comporta che da molti escano fuori dei demoni, c’è dunque la dimensione del male inteso da un punto di vista fisico e spirituale. L’azione di Gesù suscita, come nella sinagoga, la ribellione di questi demoni che vengono scacciati e che continuano a dire la stessa frase («Tu sei il figlio di Dio»). Non ci sorprende che i demoni conoscano l’identità di Gesù. Il demonio, a differenza degli uomini che si soffermano sulla capacità terapeutica della Parola di Gesù e sulle sue azioni, va direttamente all’identità («io so chi Tu sei»). La missione di Gesù ora non è, tuttavia, quella di far scoprire la Sua identità, ma di annunciare il Regno. Sembrerebbe, anzi, che il riconoscimento della Sua identità, in questa fase, sia nocivo per la missione. Il problema del nemico non è che non sappia chi sia Gesù, ma che, pur sapendolo, non ha nessuna intenzione di seguirLo. Egli si vuole ribellare, dice infatti: «Che c’è tra noi, sei venuto a distruggerci?», emerge la dimensione di peccato. La testimonianza dei demoni non può essere accolta perché non rende gloria a Dio. Ritorna ancora il verbo: «rimproverare» (vv. 35; 39), Gesù rimprovera i demoni e non permette loro di parlare poiché sanno che è il Cristo, quindi non vuole che questo si sappia.

                42Divenuto giorno, uscendo si recò in un luogo deserto e le folle lo cercavano e giunsero fino a lui e lo bloccavano per non andare via da loro. 43Egli disse verso di loro: «è necessario che io evangelizzi il Regno di Dio anche ad altre città, poiché per questo sono stato mandato». 44E andava annunciando nelle sinagoghe della Giudea. Nella terza parte del brano, al calar della sera, tutti vanno implicitamente a dormire e Gesù si reca molto presto al mattino nel deserto e le folle iniziano a cercarLo. Vi è una sorta di contrasto, Gesù sente il bisogno di un momento di preghiera in solitudine mentre le folle Lo cercano e Lo vogliono incontrare. Subito dopo Lo raggiungono e Lo bloccano, con un verbo che significa letteralmente “catturare”, “afferrare”, perché vogliono che rimanga con loro. All’opposto dell’esperienza di Nazareth (in cui i nazaretani Lo cacciano fuori dalla città e vogliono ucciderLo) a Cafarnao Lo esortano a non andar via, vogliono trattenerLo mentre Gesù se ne vuole andare. Gli abitanti di Cafarnao sono stati in grado di fare l’esperienza dell’anno propizio del Signore, i nazaretani no. Questi due atteggiamenti antitetici producono due reazioni diverse, voler uccidere e voler trattenere Gesù. Potremmo condsiderare questi due atteggiamenti anche come forma di discenrimento personale nei confronti della parola/persona di Gesù. Chi fa autenticamente esperienza di ciò vuole che Gesù rimanga e fa di tutto perché resti, chi invece non desidera questa presenza non ha mai fatto l’esperienza di essere guarito da Gesù.

               La risposta di Gesù è il senso di questo terzo momento: Gesù dice infatti: «è necessario che io evangelizzi il Regno». Evangelizzare significa annunciare il Bene (il Vangelo è la buona novella). Qui c’è una specifica, la buona novella che Gesù sta predicando è il Regno di Dio, il quale diventa in questo momento esplicitazione della Sua predicazione. Il Regno di Dio consiste nell’azione di Gesù che avviene soprattutto mediante la Parola che ha autorità,  l’azione provoca l’avanzamento della presenza di Dio e l’arretramento del male, che sia esso fisico o spirituale. Quando il Regno di Dio avanza le persone sono liberate, quando il regno di Satana è presente invece le persone sono schiave, sia dal punto di vista della fisicità che dell’interiorità. È come se si specificasse quello che Gesù è venuto a fare. Qual è il compito di ogni servo della Parola? L’apostolo per eccellenza è colui che non porta niente di sé ma, certo della forza liberante di questa Parola, La proclama – per dirla con San Paolo «in ogni occasione opportuna ed inopportuna» (Seconda Lettera a Timoteo, 4) – ed ha la certezza che la Parola di Dio è liberante e permette la crescita del Regno. Se noi oggi volessimo chiederci cos’è il Regno? È la Chiesa? Non esclusivamente. La Chiesa è chiamata ad essere degno strumento di diffusione del Regno. C’è, però, la concreta possibilità che i membri della Chiesa non realizzino il loro compito. Il Regno è la presenza di Dio che abita il cuore dell’uomo e quanto più gli uomini danno spazio a questa presenza tanto più si manifesta il Regno. Quanto più l’uomo si chiude a questa presenza di Dio tanto più diventa strumento del nemico.

               Nella misura in cui la Parola viene accolta, Essa diventa trasformante. È per questo che si connota in maniera sbagliata l’azione degli abitanti di Cafarnao. Il volerLo trattenere impedisce a Gesù di andare fuori e portare questa notizia a tutti gli altri fratelli. Volendo attualizzare questa situazione, Papa Francesco si esprime con una parola ormai molto inflazionata: «la Chiesa è in uscita» (Evangelii Gaudium, 20). Gesù deve uscire, deve andare verso tutte le città per cui è stato mandato. Questo deve farci fare un esame di coscienza personale: che cristiano è quello che sperimenta il cambiamento di Gesù e se lo tiene per sé? Il movimento insito del cristiano è di andare verso l’altro, se non siamo portati a questo spinti dalla Parola che abbiamo accolto, non l’abbiamo accolta fino in fondo perché è la Parola stessa che ci conduce verso l’altro. La chiusura, al contrario, non è un movimento tipico della Parola di Dio, diventa egoismo, invece di essere diffusione. Quando le comunità cristiane diventano autoreferenziali e si chiudono in se stesse hanno già perso la dimensione dell’ascolto, non è più un ascolto trasparente ma egoista, ha perso già gran parte della capacità di sentire Gesù. Questa Parola mette in discussione tutti quegli atteggiamenti che non diventano al servizio della Parola perché sono al servizio di sé. Chi viene liberato dalla Parola, deve liberarsi anche dalle altre schiavitù e seguirLa, non costringerLa nelle proprie esigenze e nei propri desideri finanche legittimi che La catturerebbero e fermerebbero. Valutiamo questa dimensione anche da un punto di vista personale: tutte le volte che noi cerchiamo di dominare e racchiudere la Parola, noi Le facciamo violenza ed Essa ci sfugge, La perdiamo, perché Gesù va altrove e noi rimaniamo fermi. La dinamica della fede che non si ferma mai, da un lato c’è l’accoglienza (la base, la fede in Gesù) ed insieme l’umiltà della sequela (mai diventare i padroni della Parola, mai, come farà Pietro, venir tentati di diventare maestri del Maestro). In questo ascolto della Parola emerge moltissimo il fatto che la debolezza dell’uomo – pur liberato – torna sempre ad insidiarlo, fin’anche nel rapporto con Gesù.

3. Le risonanze personali

               vv. 38-44 Il brano ci descrive una grande accoglienza, Gesù viene accolto da Simone e si presenta una situazione strana, la suocera di Simone è posseduta dalla febbre e gli viene chiesto di aiutarla. Gesù va da lei, si china, rimprovera la febbre e la suocera guarisce e immediatamente si alza e si mette a servire Gesù. Sembra proprio il passaggio da “testimone oculare a servitore della parola”. La suocera di Simone ci mostra concretamente questo cambiamento. Gesù quando entra nella nostra vita ci trasforma, ci libera da malattie spirituali e fisiche. Il resto del popolo si reca da lui come se fosse un medico ma in quel momento rappresenta l’unico salvatore. Vivere della presenza di Gesù non è facile ma è possibile, alla base deve esserci l’accoglienza della Sua parola che come eco si diffonde in noi. Dobbiamo portar fuori questa stessa eco per farla conoscere ad altri.