17) Lc 4,1-13 11/03/2020

1. Il testo

1Gesù, pieno di Spirito Santo, ritornò dal Giordano ed era condotto dallo Spirito nel deserto 2quaranta giorni, tentato dal diavolo. E non mangiò niente in quei giorni e completatili ebbe fame. 3Disse allora a lui il diavolo: «Se figlio sei di Dio, dì a queste pietre che diventino pane». 4E rispose verso di lui Gesù: «è scritto: non di solo pane vivrà l’uomo». 5 E condottolo in alto gli mostrò tutti i regni della terra in un istante di tempo, e disse a lui il diavolo: «A te darò tutta questa autorità, poiché a me è stata tramandata e la do a chi voglio. 7 Tu, dunque, se ti prostrerai davanti a me, sarà tutto tuo». 8E rispondendo Gesù disse a lui: «è scritto: al Signore Dio tuo ti prostrerai e a lui solo adorerai». 9Lo condusse a Gerusalemme e lo pose sul pinnacolo del tempio e disse a lui: «Se figlio sei di Dio, gettati da qui. È scritto infatti: agli angeli suoi comanderà riguardo a te di custodirti e sulle mani ti porterà, così che non inciampi sulla pietra il tuo piede». 12E rispondendo disse a lui Gesù: «è detto: Non tenterai il Signore il Dio tuo». 13E completata ogni tentazione il diavolo si allontanò da lui fino al tempo.

2. Il messaggio

                1Gesù, pieno di Spirito Santo, ritornò dal Giordano ed era condotto dallo Spirito nel deserto 2quaranta giorni, tentato dal diavolo. E non mangiò niente in quei giorni e completatili ebbe fame. Il brano è strettamente in correlazione col precedente per due elementi: il primo è lo Spirito che scende su Gesù sotto forma di colomba che lo conduce, il secondo è la figliolanza divina. Questi sono i due elementi da cogliere in pienezza che connotano il cammino di Gesù e le tentazioni: costituiscono il centro del brano.

                Lo Spirito conduce Gesù nel deserto dopo il battesimo e lo fa in qualche modo retrocedere rispetto al cammino che lo ha condotto al Giordano (hypostrepho significa proprio “girarsi e ritornare”), per essere tentato dal diavolo. Si tratta di un periodo di prova. Il verbo “tentare” (peirazo) ha un duplice significato: tentare ed essere provato. Lo Spirito vuole che Gesù venga provato. Da un lato questa prova provoca fatica, dall’altro rassicura perché Dio accompagna nella prova. Se così non fosse che senso avrebbe la frase che noi recitiamo nel Padre nostro, «non ci abbandonare nella tentazione»? Dio permette la tentazione perché in essa noi conosciamo meglio noi stessi.

                Quaranta è un numero molto rilevante per la storia di Israele (ci ricorda i quarant’anni nel deserto del popolo di Israele, quaranta è il numero della pienezza e completezza). Gesù completa questi quaranta giorni senza mangiare, mortificando la sua dimensione corporale, l’alimento di cui si nutre è un altro, infatti va in preghiera per incontrare Dio. Gesù ha fame nel momento in cui completa questa fase, ora può mangiare e proprio allora si avvicina il diavolo. Il deserto è il luogo in cui noi vogliamo incontrare Dio, ma è anche il luogo dove incontriamo il tentatore, le due cose sono collegate perché tutte le volte che ci impegniamo a vivere un rapporto più profondo con Dio veniamo disturbati, c’è un frapporsi ed intromettersi nel rapporto tra Gesù (il Figlio) e Dio (il Padre). In greco “diavolo” significa “separatore”, etimologicamente è “colui che si getta in mezzo” (diaballo), vi è un frapporsi tra Dio e l’uomo.

                3Disse allora a lui il diavolo: «Se figlio sei di Dio, dì a queste pietre che diventino pane». 4E rispose verso di lui Gesù: «è scritto: non di solo pane vivrà l’uomo». I termini di questa prima tentazione sembrerebbero due, in realtà sono tre: il terzo termine è la fame di Gesù ed è una tentazione che riguarda la figliolanza. C’è una grande differenza tra la prima e l’ultima tentazione, ricorre in entrambe il termine “figlio”, ma hanno due direzioni diverse. In questo caso il diavolo esorta a sfruttare per sé questa figliolanza dicendo alle pietre che diventino pane, procurando un vantaggio. Gesù risponde: «è scritto: non di solo pane vivrà l’uomo»; in greco la particella che traduciamo con “non di” (epi) significa “sopra”. Si intende che l’uomo l’uomo non vive poggiandosi solo su questo tipo di alimento, ma anche su altre realtà. In Luca non abbiamo la seconda parte della frase che compare in Matteo («ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio»), Gesù ci dice semplicemente che questa non è l’unica dimensione che appartiene all’uomo, se ne può fare a meno, proroga il suo digiuno davanti ad una tentazione. Il demonio tenta Gesù affinché sfrutti questo suo potere per sé, ma Lui non fa nulla.

                5 E condottolo in alto gli mostrò tutti i regni della terra in un istante di tempo, e disse a lui il diavolo: «A te darò tutta questa autorità, poiché a me è stata tramandata e la do a chi voglio. 7 Tu, dunque, se ti prostrerai davanti a me, sarà tutto tuo». 8E rispondendo Gesù disse a lui: «è scritto: al Signore Dio tuo ti prostrerai e a lui solo adorerai». Questa è la seconda tentazione: Gesù viene condotto in alto. Colpisce la docilità di Gesù nel farsi condurre dallo Spirito nel deserto perché venga tentato, non oppone resistenza, non rifiuta anzi accetta ciò. Per noi vale lo stesso: abbiamo bisogno di accettare il fatto che siamo tentati, questo può suscitare in noi distrazione, caduta, disturbo. Il Signore permette questo e ribellarsi alla tentazione ci porta ad assumere un atteggiamento sbagliato. Tutti noi stiamo vivendo questo periodo con fatica perché ci limita nella libertà, con la privazione dell’Eucarestia e della celebrazione comune. Molti si stanno ribellando a questo tipo di prova minimizzando il problema, non rispettando le regole, ci sono tante accuse addirittura rivolte ai vescovi che avrebbero preso decisioni con leggerezza. Questo Vangelo oggi ci insegna ad accettare con docilità la prova che ci viene chiesta, una prova difficile che però va accettata, così come Gesù la accetta. Camminiamo con Gesù in questa dimensione pienamente quaresimale e preghiamo.

                Il demonio conduce in alto Gesù e gli mostra in un istante tutti i regni della Terra, è un segno straordinario. Il nemico non dice che l’autorità è sua, ma che gli è stata affidata per un tempo, vi è una dimensione di temporalità. Questa è la tentazione più facile da decodificare (quella del potere e del possesso su tutto), e Gesù replica rimettendo Dio al primo posto. Se il tentativo del nemico è far mettere a Gesù l’autorità sul mondo al di sopra del suo rapporto con Dio, Gesù replica che Dio viene prima di tutto.

                9Lo condusse a Gerusalemme e lo pose sul pinnacolo del tempio e disse a lui: «Se figlio sei di Dio, gettati da qui. È scritto infatti: agli angeli suoi comanderà riguardo a te di custodirti e sulle mani ti porterà, così che non inciampi sulla pietra il tuo piede». 12E rispondendo disse a lui Gesù: «è detto: Non tenterai il Signore il Dio tuo». La terza ed ultima tentazione è ancora più importante delle altre perché si sale non tanto in altezza quanto in importanza. Il tempio è il luogo dove dimora Dio, esprime per eccellenza la relazione con Dio. Per questo motivo Gesù viene condotto a Gerusalemme sopra il pinnacolo – nel luogo più alto – del tempio. Dal momento che Gesù ha citato più la Scrittura, la cita anche il diavolo (è un Salmo). Il verbo “custodire” (phylasso) è lo stesso che ritroviamo con Caino (Gn 4, 9: «sono forse il custode di mio fratello?»). Quindi il demonio dice a Gesù che si può gettare dal pinnacolo del tempio in quanto, se è figlio di Dio, Suo Padre lo preserverà e custodirà. Anche qui non c’è la richiesta di un atto di fiducia in Dio ma una richiesta d’intervento divino, un costringere Dio a preservarlo dalla caduta perché è scritto che lo deve preservare. In questa costrizione c’è la tentazione, un mettere alla prova Dio ed il Suo amore. Se Gesù avesse bisogno di una prova che Dio è Suo Padre non si fiderebbe, se avesse bisogno di verifica il Suo rapporto col Padre non sarebbe solido. Gesù questa volta risponde con: «è detto», che si differenzia da «è scritto». Questa seconda formula sembra quasi una legge, impersonale, secondo cui è scritto quindi deve succedere, la prima invece presuppone che una persona parli. Gesù ci sta rivelando che per Lui questa Parola di Dio è vivente, è una sottolineatura particolare di Luca. Il problema del modo di intendere la Scrittura del demonio è che egli la considera come un’arma che non avvicina ma allontana da Dio, il suo atteggiamento esprime diffidenza e non fede in Dio. San Paolo dirà infatti: «la lettera uccide e lo Spirito dà vita» (2 Cor 3, 6), perché la Parola va compresa considerando la crescita nel rapporto con Dio.

                In questa direzione – il discernimento degli spiriti – vanno gli esercizi spirituali di, S. Ignazio di Loyola, che ha fatto del discernimento la sua caratteristica principale, il suo carisma. La Parola di Dio va infatti compresa nell’ottica di una crescita della fiducia in Lui. Tutte queste tentazioni mirano a minare ed incrinare il nostro rapporto con Dio. Nelle versioni di Marco e Matteo, quando Gesù finisce di respingere la tentazione Dio manda gli angeli perché lo servano. Quando smettiamo di fare le cose per il nostro tornaconto negando Dio, scopriamo che Dio stesso ci serve, provvede alle nostre necessità. Interessante notare come il diavolo oltre alla tentazione non può nulla, Gesù non lo scaccia ma è lui che se ne va. Interessante sarebbe qui il paragone con gli esorcismi presenti nel vangelo. Qui Gesù accetta la tentazione, la subisce, la vince continuando a mantenere la fede in Dio e la tentazione stessa svanisce. La tentazione prende forza quando dentro di noi trova una debolezza e una necessità. Cedendo alla tentazione diventiamo più deboli ed essa acquisisce più forza, si crea una ferita. Al contrario, quando cominciamo a vincere nella tentazione essa si indebolisce, quindi risulta fondamentale accettarla ed imparare a combattere non arrendendosi pur essendo consapevoli di commettere spesso gli stessi peccati. La parola “proposito”, così importante nella confessione sacramentale, potrebbe riassumere la dimensione del combattimento e della volontà, nei quali si innesta l’aiuto di Dio, la Sua grazia. Una delle tentazioni che il nemico ci insinua è quella di credere che siamo peccatori e non ce la possiamo fare, ci invoglia ad arrenderci e scoraggiarci. Al contrario, Gesù non pretende da noi la perfezione nel senso del risultato, ma pretende un impegno che non ceda, che non venga meno al principio e al combattimento. Abbiamo sempre bisogno di prendere il Vangelo come punto di riferimento e di combattere perché la Parola di Dio diventi nella nostra vita attuale, presente e vera. Gesù, dice S. Agostino, ci insegna a vincere, se Lui non avesse vinto noi non avremmo potuto vincere da soli, è necessario che Gesù vinca la tentazione dentro di noi. Come si vince dunque la tentazione? Con l’impegno personale, ma fondamentalmente con la preghiera (ricordiamo la preghiera del pubblicano: «Signore abbi pietà di me che sono un peccatore»), riconoscendosi deboli ma non arrendendosi alla debolezza per la forza di Cristo. Questo è il principio che progressivamente ci consente di andare avanti e vincere la tentazione. 

3. Le risonanze personali

                vv. 1-13 Il Vangelo si apre con un discorso tra Gesù e il diavolo. Gesù pieno di Spirito Santo è condotto  verso il deserto per 40 giorni ed è tentato dal diavolo. Quest’ultimo cerca in tutti i modi di sfidare Gesù, portandolo a cadere nel peccato ma Gesù gli risponde con le parole della Bibbia; perciò il diavolo è sconfitto da Gesù ma non si arrende, aspetta il momento giusto per colpire ancora. Tutto ciò mi ha portato a pensare a tutte le volte in cui ho accettato quella sfida e l’ho persa. Per me diventa sempre più necessario leggere la Bibbia per essere più responsabile delle mie azioni ed essere più forte davanti a tali tentazioni.

                vv. 1-13 Il brano mostra Gesù guidato dallo Spirito Santo nel deserto che rappresenta il luogo di purificazione e di incontro con Dio. Gesù viene provato dal diavolo, ciò è voluto dallo Spirito perché più è stretto il rapporto con Dio e più il diavolo entra nel legame dei due. Il diavolo lo tenta tre volte toccando i limiti di Gesù e mettendo in discussione l’essenza del rapporto tra i due . Nella prima tentazione, con le parole  «se figlio sei di Dio», il diavolo vuole indurre Gesù a pensare a se stesso e usare per sè il potere di Dio, ma Gesù risponde «non di solo pane vivrà l’ uomo». Nella seconda tentazione Gesù viene condotto in alto , non rifiuta ma accetta l’invito di Dio a farsi tentare. Il nemico non dice che il  regno è suo ,ma vuole affidare tutto il suo potere, portando Gesù a scendere a compromessi e rinunciare a Dio, ma Gesù rimette tutto nelle mani di Dio. Nella terza tentazione , il diavolo si fa più astuto , usa lo stesso linguaggio di Dio, ma Gesù nella sua determinazione e fiducia illimitata lo caccia e il diavolo si allontana completamente.

                Tutto questo ci vuol far comprendere  che dobbiamo avere fiducia della Parola di Dio ,specialmente nella tentazione, che misura la nostra fede, nella caduta che troviamo la forza di rialzarci per accettare la tentazione e combatterla .

                vv. 1-13 Un verbo che ritorna due volte, “completare”, mi rimanda all’idea di pienezza, di tempo opportuno, di kairos (termine presente anche in questo brano), che sta già tornando più volte in Luca. Il fatto che l’abbia usato anche per le tentazioni, mi fa capire che anche le tentazioni contribuiscono a creare quella pienezza, quella completezza di Dio in noi, anche esse sono momento opportuno perché sia efficace in noi la Sua Parola.