104) Lc 23,13-25 – 14/12/22

  1. Il testo

23,1E, alzatasi, tutta la moltitudine di loro lo condusse da Pilato. 2Cominciarono allora ad accusarlo dicendo: «Abbiamo trovato costui che sovvertiva il nostro popolo e distoglieva di dare il tributo a Cesare e diceva di essere egli Cristo Re». 3Allora Pilato gli domandò dicendo: «Tu sei il re dei Giudei?». Quegli rispondendogli disse: «Tu [lo] dici». 4Pilato disse verso i sommi sacerdoti e la folla: «Nessun motivo trovo in quest’uomo». Quelli insistevano con forza dicendo: «[Costui] solleva il popolo insegnando per tutta la Giudea e cominciando dalla Galilea fin qui».

6Pilato, avendo udito, domandò se l’uomo fosse galileo, 7e conosciuto che era dall’autorità di Erode, lo mandò a Erode, essendo anche lui a Gerusalemme in quei giorni. 8Erode visto Gesù gioì molto, era infatti da molto tempo che voleva vederlo per aver ascoltato intorno a lui e sperava di vedere qualche segno avvenuto da lui. 9Lo interrogò con molte parole, ma quegli [non] gli rispose nulla. 10Erano presenti i sommi sacerdoti e gli scribi che lo accusavano vigorosamente. 11Dopo averlo disprezzato, Erode con i suoi soldati e averlo deriso, e gettato[gli] addosso una veste splendente, lo rimandò da Pilato. 12Divennero allora amici tra loro Erode e Pilato in quel giorno. Prima infatti v’era tra loro inimicizia.

  • Il messaggio

         16Dopo averlo istruito dunque lo rilascerò. Pilato ed Erode ripresentano Gesù ai suoi accusatori. Non trovano in Lui nessuna colpa. Ma forse, a ben guardare, vi è qualcosa in più. All’epoca di costoro e per l’autorità che essi avevano – e l’insignificanza civile di coloro che non erano cittadini romani – mettere a morte qualcuno era all’ordine del giorno. E senza neanche tante storie. Ma Gesù no. Perché resistere? Perché – per Pilato – insistere per ben tre volte a favore del suo rilascio.

         15aMa nemmeno Erode: lo ha infatti rimandato a noi. Forse per Erode la cosa è più chiara. Dopo l’esecuzione del Battista egli è scosso. Porta con sé il rimorso. E non intende macchiarsi nuovamente di un’azione contro un uomo di Dio. Chissà, forse Erode, nonostante la sua sprezzante ironia nei confronti di Gesù, mantiene un timore, una prudenza, che gli permette di arrestarsi.

         15bNessuna causa di morte è praticabile per lui. Pilato non vede in lui non solo un uomo che non può essere condannato a morte. Gesù è qualcosa di più. In lui emerge una non colpevolezza che porta il governatore a esporsi – certo fino a un certo punto – per salvarlo. La persona di Gesù è per lui misteriosa, affascinante. E per i suoi accusatori?  

         18Prendi costui, rilascia a noi Barabba. Nessuno dei presenti  –  sommi sacerdoti, principi e popolo – avrebbe mai scelto di mettere in libertà un pericolo pubblico. Uno che minava la propria e altrui sicurezza. Uno che si era dimostrato non soltanto violento, ma anche sedizioso, rivoluzionario. Questa cosa, però, avviene in presenza di Gesù.                                       La vita di un pacifico predicatore del Regno di Dio, viene scambiata per la vita di un violento rivoluzionario politico. Questo scambio è la causa del male della nostra società: rifiutiamo il vangelo per far entrare nelle nostre città omicidi, violenza e squilibri. Ma perché? cosa succede? Perché questa violenza crescente? La seconda e la terza volta? Perché questo loro «restare» nella loro posizione?

         In primo luogo Gesù mette in luce la contraddizione. Sempre. Contraddizione di chi – gli attori di questo giudizio – proclama pace e sottomissione a Roma, eppure sceglie di liberare un assassino e rivoluzionario. E tanto più è evidente la cosa che il loro giudizio su Gesù è in contrasto con quello di Pilato ed Erode, due governatori veramente poco religiosi. Il cuore dell’uomo è disordinato.

         23Quelli restarono […] e le loro voci si rinforzavano. In secondo luogo c’è qualcosa della persona – ma più specificamente dell’autorità che Lui rivendica – che scatena nel cuore dell’uomo una ribellione. Quando all’uomo si presenta qualcuno che dice di avere l’autorità di Dio. E ancor più profondamente – secondo la sottolineatura del vangelo – all’uomo che riveste un’autorità religiosa. Sembra proprio che la presenza di Gesù manifesti quel profondo desiderio disordinato dell’uomo di essere padrone di se stesso, legge a se stesso. E di non accettare nessun altro padrone che la propria volontà. E questo è tanto più evidente quanto la propria libertà si può manifestare. Il cuore disordinato dell’uomo non accetta che alcuno metta ordine dentro di lui.

         24Pilato giudicò che avvenisse la loro richiesta (causa). Pilato non va fino in fondo rispetto alla sua esperienza di Gesù. Accetta che ciò che giudica come male sia attuato. Che la causa (αἴτιον) di morte di Gesù coincida con l’accusa (αἴτημα) dei suoi nemici. E sia attuata per causa sua. Senza il suo palcet nulla accadrebbe. Eppure accetta che ciò accada. Perché gli equilibri che egli deve mantenere sono più importanti della condanna di un uomo giusto misterioso, ma di fatto agli occhi del mondo insignificante.

         L’epilogo mostra che non esiste possibilità di via di mezzo. O si abbraccia il vangelo o si diventa omicidi del fratello e finanche – se fosse possibile – di Dio. O si abbraccia il vangelo o si grida «crocifiggi». Ma attenzione: abbracciare il vangelo non significa essere impeccabili. Sarebbe professione di moralismo. Abbracciare il vangelo significa accettare di mettere Dio al primo posto, chinare la testa davanti a Lui e porgergli il cuore perché lo “aggiusti” dalle sue imperfezioni. Perché lo trasformi da cuore di pietra a cuore di carne. Accettare che i propri modi di pensare sono sbagliati e che quelli di Dio sono quelli giusti.

         In altre parole convertirsi, mai smettere di provare di essere in sintonia con Lui. L’esempio è Pietro. Certamente tradisce, ma non grida «crocifiggi». Cade, ma piange amaramente, e poi torna ad essere discepolo. In fondo al vangelo sono arrivati con Gesù poche persone. Sono quelle che non lo hanno seguito per assecondare un loro appetito o una particolare – magari temporanea convenienza. Ma perché lo hanno accettato come Maestro del cielo. Solo chi ha fatto questo passaggio ha potuto scoprire veramente la Sua identità. E finalmente è riuscito a vedere quel Regno di Dio tanto predicato da Lui. Ed ha potuto esclamare con sorpresa: il Regno di Dio è veramente in mezzo a noi.

Domande – 104) Lc 23,13-25

  1. [La mia fede] Erode e Pilato non riescono a condannare Gesù. Pilato lo farà solo dopo enormi pressioni che l’evangelista ci racconta con ben tre tentativi falliti messi in atto per salvarlo. Ma Pilato non vede in lui non solo un uomo che non può essere condannato a morte. Gesù – anche se non parla – è qualcosa di più. Ho “incontrato“ veramente Gesù? Quanto mi capita di scorgere nella persona di Gesù una straordinarietà? Quali sono gli elementi che mi colpiscono di tale straordinarietà? Dopo quante/quali pressioni anche io cedo rispetto alla sua persona e parola e di fatto lo condanno?
  2. [Gli altri] Pilato non va fino in fondo rispetto alla sua esperienza di Gesù. Accetta che ciò che giudica come male sia attuato. Ed attuato per causa sua. Eppure lo accetta perché gli equilibri che egli deve mantenere sono più importanti della condanna di un uomo misterioso, ma di fatto insignificante. Quante volte abbiamo preferito che il male accadesse per tutelare i nostri interessi? Quanto vale un fratello di fronte ai miei interessi-progetti?
  3. [La prassi] Quando Gesù si presenta all’uomo del suo tempo suscita una chiara reazione di ribellione. Reazione che fa tanto pensare alla prima ribellione (Gen 3). Il cuore dell’uomo appare disordinato – magari anche all’uomo stesso – ma egli si rifiuta che qualcuno ci metta mano. Quanto nella mia vita riconosco il disordine del mio cuore, ovvero quanto riconosco che al primo posto c’è Dio? Come ricevo le parole di Gesù che rivendicano il primato divino, l’equità per il prossimo e finanche l’amore per i nemici?