103) Lc 23,1-12 – 07/12/2022

  1. Il testo

23,1E, alzatasi, tutta la moltitudine di loro lo condusse da Pilato. 2Cominciarono allora ad accusarlo dicendo: «Abbiamo trovato costui che sovvertiva il nostro popolo e distoglieva di dare il tributo a Cesare e diceva di essere egli Cristo Re». 3Allora Pilato gli domandò dicendo: «Tu sei il re dei Giudei?». Quegli rispondendogli disse: «Tu [lo] dici». 4Pilato disse verso i sommi sacerdoti e la folla: «Nessun motivo trovo in quest’uomo». Quelli insistevano con forza dicendo: «[Costui] solleva il popolo insegnando per tutta la Giudea e cominciando dalla Galilea fin qui».

6Pilato, avendo udito, domandò se l’uomo fosse galileo, 7e conosciuto che era dall’autorità di Erode, lo mandò a Erode, essendo anche lui a Gerusalemme in quei giorni. 8Erode visto Gesù gioì molto, era infatti da molto tempo che voleva vederlo per aver ascoltato intorno a lui e sperava di vedere qualche segno avvenuto da lui. 9Lo interrogò con molte parole, ma quegli [non] gli rispose nulla. 10Erano presenti i sommi sacerdoti e gli scribi che lo accusavano vigorosamente. 11Dopo averlo disprezzato, Erode con i suoi soldati e averlo deriso, e gettato[gli] addosso una veste splendente, lo rimandò da Pilato. 12Divennero allora amici tra loro Erode e Pilato in quel giorno. Prima infatti v’era tra loro inimicizia.

  • Il messaggio

L’ascolto della Passione, che in realtà è cominciata nell’orto degli ulivi, ci dà le coordinate di quello che sta accadendo. Si ricordi a tal proposito che c’è una grande differenza tra gli eventi che noi ascoltiamo nei Vangeli, connotati tutti da una certa brevità, e il racconto della Passione che è in proporzione compre un’estensione testuale molto maggiore. Infatti, rispetto ai racconti di eventi della vita di Gesù costituiti da circa 8/9 versetti, la Passione è costituita da ben due capitoli. Il contesto è chiaro. Questa è l’ora delle tenebre. Gesù lo ha dichiarato e in quello stesso momento viene catturato. E quello che accade, che ascoltiamo nei dialoghi e che gli avvenimenti ci rappresentano, ciò che Gesù fa e subisce, è una verità che si presenta, che parla, che incontra l’uomo nelle tenebre.

23,1E, alzatasi, tutta la moltitudine di loro lo condusse da Pilato. 2Cominciarono allora ad accusarlo dicendo: «Abbiamo trovato costui che sovvertiva il nostro popolo e distoglieva di dare il tributo a Cesare e diceva di essere egli Cristo Re». Si nota una certa ambiguità, di diversi tipi, perché l’accusa che viene fatta a Gesù è quella di sovvertire il popolo. La traduzione spesso non aiuta: il verbo «sovvertire» in italiano ha dentro di sé la radice del «con-vertire», ma in un senso distorsivo. Secondo costoro Gesù sta convertendo il popolo nella direzione, nel senso sbagliato.

Sulla regalità di Gesù occorre soffermarsi. Se Gesù dice di essere Re nessuno gli crede. La risposta di Gesù all’interno del Sinedrio dice l’incomunicabilità. Quest’ultima dipende dall’esistenza di due orientamenti diversi: una cosa è l’essere Re per Gesù, un’altra per gli scribi e i farisei. Non c’è infatti intendimento. Si ricorda che Erode alla notizia della nascita di Gesù, fa uccidere tutti i bambini per timore di essere spodestato dal trono di Re. Possiamo chiederci: è Gesù che distorce, distoglie, travia il popolo, oppure quelli che sono davanti a lui stanno distorcendo il pensiero di Gesù, che chiaramente è tradotto in maniera distorta? Sembra che tutto sia appiattito su una dimensione materiale, politica, di potere, di autorità. Questo è proprio il modo di concepire l’autorità da parte delle tenebre, si ricordi Lc 22, 25: «i Re della Terra soverchiano le nazioni, ma tra voi (discepoli) non sia così».

L’accusa arriva a Pilato, il quale non è sciocco e chiede a Gesù: 3Allora Pilato gli domandò dicendo: «Tu sei il re dei Giudei?». Quegli rispondendogli disse: «Tu [lo] dici». Che idea ha Pilato dell’essere Re? Probabilmente è molto simile a quella degli scribi e dei farisei. Gesù gli risponde alla stessa maniera con la quale rispose al Sinedrio: «Tu lo dici!». La verità emerge in modo paradossale. Gesù fa notare che questa verità, che tutti si ostinano a negare, in realtà viene sempre fuori. In qualche maniera risalta fuori sempre: tutti negano che lui è Re, ma il fatto che lui sia Re è sempre un’evidenza.

Allora Pilato, affermando di non trovare in lui nessuna colpa, si rivolge alla folla: 4Pilato disse verso i sommi sacerdoti e la folla: «Nessun motivo trovo in quest’uomo». Quelli insistevano con forza dicendo: «[Costui] solleva il popolo insegnando per tutta la Giudea e cominciando dalla Galilea fin qui». Da un punto di vista politico non è vero che Gesù solleva il popolo, ma è pur vero che Gesù con la sua predicazione ha già sottratto l’autorità agli scribi e ai farisei. Si pensi a Mc 1, 21: «Costui insegna come uno che ha autorità, non come gli scribi e i farisei». Gesù ha realmente, con la Sua parola, mostrato che la vera autorità proviene da lui, e questo è davvero percepito dagli altri come una sottrazione indebita di autorità. Nel brano dunque si evidenzia tutta una percezione della realtà distorta da quello che è nel cuore. Analogamente, la nostra comprensione del Vangelo dipende da ciò che ci sta a cuore. E più ci stanno a cuore le cose della terra, più la nostra comprensione del Vangelo non funziona; e dovremmo metterla in discussione.

6Pilato, avendo udito, domandò se l’uomo fosse galileo, 7e conosciuto che era dall’autorità di Erode, lo mandò a Erode, essendo anche lui a Gerusalemme in quei giorni. 8Erode visto Gesù gioì molto, era infatti da molto tempo che voleva vederlo per aver ascoltato intorno a lui e sperava di vedere qualche segno avvenuto da lui. 9Lo interrogò con molte parole, ma quegli [non] gli rispose nulla. 10Erano presenti i sommi sacerdoti e gli scribi che lo accusavano vigorosamente. Una lettura distorta, distorsiva, “distorcente” del Vangelo, che non è trasparente, passa attraverso quelli che sono i nostri desideri, gli attaccamenti del nostro cuore. Assistiamo allo stesso fenomeno con Erode: Pilato trova una scusa inviando ad Erode Gesù, credendo di fare a quest’ultimo un piacere. Pilato così facendo tenta di alleggerirsi di un problema, pensando ipocritamente di fare una sorta di atto di onore a Erode. In questo giorno diventano amici: Origene  scriverà che quest’amicizia è frutto di una complicità negativa

La situazione di Erode è ancora peggiore: è rimasto infatti con l’idea che Giovanni il Battista, che lui ha fatto decapitare, è risuscitato. Ha un’enorme curiosità di vedere Gesù. Non dobbiamo però dimenticare che Erode decide in fondo di togliere di mezzo la parola che a lui è stata inviata e il suo allontanare Giovanni il Battista forse allontana anche Gesù. Si ricordi anche Mt 21, 23-27. Quando Gesù dialoga nel tempio con scribi e farisei, questi ultimi gli chiedono con quale autorità facesse quelle cose. E Gesù non risponde a questa provocazione, alla domanda se il battesimo di Giovanni venisse da Dio o dagli uomini. Il silenzio di Gesù a che fare con la disposizione con la quale ci si accosta a Lui. E la disposizione di Erode è quella propria di un curioso. Egli vuole vedere i segni, un giocoliere che lo faccia divertire come se fosse un giullare di corte.

Infine, alle molte parole che Erode spende nei confronti di Gesù corrisponde nessuna parola di Gesù nei confronti di Erode. E questo mostra a noi una cosa: la conoscenza di Gesù non può basarsi sulla curiosità. In tutto il Vangelo di Luca, quando Gesù si apre? Quando si rivela? Qual è la condizione perché Gesù si riveli? È la comunione. Ad esempio, quando Gesù va da Lazzaro, dai suoi amici, dai discepoli, così come quando siede alla tavola dei pubblicani e dei farisei. Gesù, quindi, si apre a condizione che l’altro voglia entrare in comunione. La comunione significa, poi, il modo con il quale Gesù comunica sé stesso. L’atto più profondo di comunione che Gesù fa è l’Eucarestia, a tavola con i suoi. Allora, non è possibile conoscere Gesù senza compiere un atto di comunione con lui. Ed Erode non è affatto interessato a questo, ma vuole vedere dei fatti. Nessuno, che si trova davanti a Gesù, ha una disposizione tale da poter ascoltare veramente la sua parola.

11Dopo averlo disprezzato, Erode con i suoi soldati e averlo deriso, e gettato[gli] addosso una veste splendente, lo rimandò da Pilato. 12Divennero allora amici tra loro Erode e Pilato in quel giorno. Prima infatti v’era tra loro inimicizia. Giunge l’epilogo: mettono addosso a Gesù il mantello di porpora, lo scherniscono (essendo il modo di disprezzare la dignità umana di una persona). È l’abito del folle. Ma il mantello è connotato dall’aggettivo «sfolgorante». Questo aggettivo, sinonimo di luminoso, richiama molto, anche se in modo diverso, la Trasfigurazione. C’è quindi un richiamo, e ancora una volta c’è qualcosa di Gesù che viene fuori inevitabilmente, anche se le persone che gli sono attorno la negano. E questo è tipico di quello che accade quando la verità si manifesta nelle tenebre. Citando il Prologo del Vangelo di Giovanni: la luce splende nelle tenebre, e queste non l’hanno vinta. E questo il modo con il quale la luce splende nelle tenebre. Non ci dobbiamo forse aspettare che questa luce sia chiara, cristallina, razionale. La verità di Gesù, la sua regalità, e finanche il suo splendore vengono fuori nonostante quello che fanno gli uomini.

3.Alcune domande per riflettere

  • [La mia fede] I nemici di Gesù lo accusano di «sovvertire» il popolo. Cioè di convertirlo ma in maniera distorta. Quanto il vangelo appare oggi al mondo come una «distorsione»? Quanto appare a me come tale? In quali elementi? Quanto il giudizio del mondo influisce sulla mia fede?
  • [Gli altri] Chi interroga Gesù comprende la sua predicazione come un tentativo di acquisire il «potere». Di fatto travisandola. Segno che il vangelo va accolto con fede. Cioè prima di una sua comprensione. Perché la realtà di cui Gesù ci vuole far partecipi è lontana dall’orizzonte delle nostre esperienze. Quanto accetto il vangelo con la certezza (fede) che sia verità? Quanto lo filtro con le mie comprensioni? Quanto lo allontano da me? Quale parte in modo specifico allontano?
  • [La prassi] Erode incontra Gesù per curiosità. Egli è interessato a vedere il sensazionale. Ma di fronte a questo Gesù non si apre: egli si fa conoscere solo da chi vive la comunione con Lui. Quanto il desiderio di conoscere Gesù è per me legato a fenomeni di sensazionalismo? Quanto la conoscenza è legata al bene che Gli voglio? Cosa farei per Lui per il bene che Gli voglio?